STOP INGANNI: IN VIGORE ETICHETTA “SALVA PANE”

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18 Dic 2018

STOP INGANNI: IN VIGORE ETICHETTA “SALVA PANE”

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In arrivo le nuove norme per distinguere in etichetta il “pane fresco” da quello “conservato” o “a durabilità prolungata“: prescrizioni specifiche su denominazione e modalità di esposizione in vendita

18.12.2018 – Con l’entrata in vigore del Decreto n. 131 del 1° ottobre 2018, a partire dal 19 dicembre , il pane che ha subito processi di surgelazione e congelamento o che contiene additivi chimici e conservanti non potrà essere più venduto come “Pane Fresco“, ma dovrà obbligatoriamente avere un’etichetta con la scritta “conservato o a durabilità prolungata con l’obbligo di indicare lo specifico metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi già sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa (ad es. pane precotto, surgelato o meno).

Potrà quindi ora essere denominato “pane fresco” solo il pane preparato senza interruzioni finalizzate al congelamento, surgelazione –  ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione – o senza l’uso di additivi conservanti e di altri trattamenti simili.
Per “processo di preparazione continuo” si intende infatti un processo per il quale, dall’inizio della lavorazione alla messa in vendita al consumatore, non trascorrano più di 72 ore.

Per evitare che il consumatore possa essere indotto in errore nel momento dell’acquisto, è dunque necessario che alla vendita sia fornita una adeguata informazione – relativa sia al metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo sia per la sua conservazione e successivo consumo – attraverso un’apposita dicitura (distinta rispetto al pane fresco), da riportare su un cartello negli specifici comparti di vendita in cui viene collocato.

Infine, il Ministero fornisce anche una definizione di Panificio, ossia:

l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati o affine e svolge l’intero ciclo di produzione dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale“.

Il nuovo decreto salva anche i pani della tradizione popolare italiana, tra i quali ben 6 sono addirittura riconosciuti dall’Unione Europea. La Coppia ferrarese, la pagnotta del Dittaino, il pane casareccio di Genzano, il pane di Altamura, il Pane Toscano e il pane di Matera sono infatti prodotti registrati e tutelati a livello comunitario, ma sono centinaia le specialità tradizionali censite dalle diverse regioni.
Si va dal “Pane cafone della Campania, così chiamato perché con questo termine erano chiamati i contadini al tempo dei Borboni, al “Pan rustegh” della Lombardia che giustifica il vecchio detto “pane di villano, rustico ma sano“, dal “Pan ner” della Val D’Aosta ottenuto da un impasto di segale e frumento, alla “Lingua di Suocera” piemontese nel cui nome è sin troppo evidente il riferimento, per la verità un po’ cattivello, alla lunghezza della lingua delle suocere.

I consumi di pane degli italiani si sono praticamente dimezzati negli ultimi 10 anni ed hanno raggiunto il minimo storico con appena 80 grammi a testa al giorno per persona, un valore molto lontano da quello dell’Unità d’Italia nel 1861 in cui, afferma la Coldiretti, si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno.
Nonostante il taglio dei consumi dovuto anche ad alcuni stili e mode alimentari, si è verificata però una svolta qualitativa con la crescita di interesse per il pane biologico, quello fatto con grani antichi, per quello con contenuti ad alto valore nutrizionale o a “km 0″ realizzato direttamente dai produttori agricoli anche con varietà di grano spesso salvate dall’estinzione.

Sebbene però il nuovo decreto faccia chiarezza sulla denominazione di vendita relativa al pane fresco, resta ancora irrisolta la questione sull’etichettatura obbligatoria dell’origine delle farine utilizzate, solo infatti una etichettatura trasparente può consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli e alle imprese di far emergere il valore distintivo dei prodotti agricoli.

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