Filetto, fesa, noce, girello, lombata, … ma come scegliere quale carne bovina da acquistare?
Perché se, da un lato, non è facile orientarsi a meno di essere cuochi davvero esperti, è altrettanto vero che la scelta va presa considerando il giusto equilibrio tra qualità migliore e i nostri gusti.
Ecco allora qualche indicazione a prescindere da quali razze possono essere riconosciute caratteristiche di gusto differenti.
Quindi non tutta la carne rossa è uguale!
È infatti importante decidere quale pezzo o taglio da acquistare, ricordando che le carni più tenere e più pregiate si collocano per lo più nel quarto posteriore della carcassa e che per ogni ricetta c’è bisogno del suo taglio ideale!
Vediamo allora i tagli più conosciuti e che più facilmente si trovano nel banco del proprio macellaio o produttore di fiducia.
Senza dover per forza conoscere ogni singolo taglio di carne, basta sapere che per gli arrosti al forno sono ideali il filetto, la fesa, la noce, la lombata, la costata, il campanello, il girello di spalla, il girello, la copertina, la costata, e il petto.
Le scaloppine vengono invece bene con fesa, noce, scamone, sottofesa e fesone di spalla.
Per gli stufati, brasati, stracotti e umidi è consigliabile acquistare sottofesa, campanello, fesone di spalla, polpa di spalla e collo.
Per un ottimo spezzatino allora meglio scegliere il campanello, il muscolo anteriore o posteriore, la polpa di spalla, il collo o il petto e reale.
Per appetitosi polpettoni, polpette o ragù utilizzate la copertina di sotto, il collo o la sottospalla; mentre per carni impanate e fritte è preferibile scegliere sottofesa, fesa, noce, scamone, fesone e polpa di spalla, campanello.
Per la più classica bistecca, ovviamente, non possiamo che scegliere i tagli di lombata (con o senza filetto), costata o costate.
Ma per ottenere il meglio dal gusto della carne cruda, affidatevi ai tagli di filetto, fesa, scamone, noce per i carpacci e al girello o al girello di spalla per la tartare.
Dopo aver deciso il taglio ideale al proprio menù, non resta che andare al banco delle carni: qui, bisogna prestare attenzione al colore del prodotto. Le carni devono avere un colore rosso intenso e brillante, così come luminoso deve essere il grasso, che sia tendente al bianco perlaceo o al giallo.
Le carni non devono apparire secche o eccessivamente umide, aspetti che indicano una cattiva conservazione, mentre la presenza di riflessi metallici indica un’alterazione dei grassi (cd. irrancidimento).
È poi importante leggere sempre e con molta attenzione l’etichetta perché qui si trovano le informazioni sul Paese (o i Paesi) in cui l’animale è nato, è stato ingrassato, macellato e sezionato.
Ulteriori informazioni, di natura facoltativa, possono essere presenti sulle carni ottenute seguendo specifici disciplinari di produzione riconosciuti dall’autorità nazionale.
Ma una volta a casa occorre l’ultimo controllo: la carne deve avere un odore gradevole e fresco e una consistenza compatta, soda ed elastica. Se avvertite cattivi odori o notate che premendo un dito sulla stessa l’avvallamento non scompare, evitate di mangiarla e, se potete, tornate dal venditore per chiedere spiegazioni.
La carne bovina è il prodotto derivante, come si evince facilmente dal nome, dalla lavorazione delle carcasse dei bovini.
Nel linguaggio del consumatore, però, sono più diffuse parole come vitellone, vitello o manzo.
Allora vediamo di fare chiarezza!
A seconda dell’età del bovino, si possono distinguere diverse categorie di carne:
– Carne di vitellone, derivata dall’animale maschio abbattuto nel pieno della maturità, fra i 12 e i 24 mesi, non castrato. In virtù della conformazione dei tagli, della composizione, del colore e della consistenza, è tra le carni più pregiate.
– Carne di toro, ovvero il bovino maschio di età pari o superiore ai 24 mesi non castrato. Ha una carne rosso scuro, dura e il tessuto connettivale è giallognolo.
– Carne di manzo, detta anche carne di castrato, è derivata dal bovino maschio castrato (ma “manzo” è chiamato anche il bovino femmina che non ha mai partorito) che ha superato i 12 mesi.
La castrazione viene eseguita per favorirne un ingrasso precoce e una carne qualitativamente migliore.
– Carne di vacca è ottenuta dal bovino femmina macellato, in genere, al termine della carriera economica, ovvero quando l’animale non è più destinato alla produzione di vitelli o di latte. Si tratta di animali che hanno 6-8 anni quindi la carne è simile a quella del manzo ma ha un prezzo generalmente più basso.
– Carne di giovenca, detta anche scottona o sorana, deriva dal bovino femmina di età pari o superiore ai 12 mesi che non ha partorito.
– Carne di vitello, ottenuta invece dal bovino giovane macellato, a circa 120 giorni di età ed allevato fin dalla nascita solamente con latte.
Ecco qualche altra indicazione relativa ad alcune razze italiane alle quali possono essere riconosciute caratteristiche di gusto di livello superiore, sebbene tutta la carne delle razze bovine nazionali può essere considerata di qualità eccellente:
– La Piemontese considerata una delle migliori carni bovine a livello internazionale, è gustosa, ha un ottimo rapporto tra parti grasse e parti magre e un tasso di colesterolo molto basso.
– La Chianina, nota ai più per la famosa “bistecca alla fiorentina” fornisce una carne magra e succulenta.
– La Romagnola si caratterizza invece per una carne particolarmente magra e tenera.
– Dalla Marchigiana, infine, si ottiene una carne molto tenera, con un basso contenuto di grassi e colesterolo e una buona marezzatura, cioè i filamenti di grasso all’interno della massa muscolare del taglio e che conferiscono gusto e morbidezza.
Ma a rendere più “complessa” la conoscenza della carne bovina va ricordato che per ogni ricetta c’è bisogno del suo taglio ideale!
Vediamo allora i tagli più conosciuti, che sicuramente capiterà a tutti di trovare nel banco del proprio macellaio o produttore di fiducia.
Il Filetto si colloca all’interno della Lombata e può essere venduto attaccato o staccato da quest’ultima. La parte venduta separatamente, in fette di piccole dimensioni, è quella che prosegue verso la coscia.
La Fesa, che si colloca nella parte interna della coscia, è costituita da fibre muscolari lunghe e sottili, con poche infiltrazioni di grasso e risulta particolarmente tenera. È nota anche come “scannello”, “natica” o “rosa”.
La Noce è ricavata dalla parte anteriore ed esterna della coscia, denominata anche “rosetta”, “tracoscio”, “sottocoscio” o “bordono”. La noce è spesso venduta accorpata al fianchetto (un taglio piatto di forma triangolare), cha è a muscolatura a grana grossa, meno tenero, e quindi più adatto a spezzatini e a lunghe cotture.
Il Girello si ricava dal margine posteriore della coscia, è costituito da un unico muscolo tondo, compatto, molto magro, ma a fibra grossa e quindi piuttosto duro rispetto ad altri tagli. Altre denominazioni sono il magitello, lacerto, coscia rotonda.
Passando poi al quarto anteriore del bovino, troviamo il Fesone di spalla che ha un buon valore commerciale, soprattutto negli animali più giovani. La Polpa di spalla è invece un taglio che necessita di cotture lente e in presenza di liquidi; mentre le costate, note come braciole, si trovano tra il collo e la costata.
La produzione della carne che arriva sulle nostre tavole comincia con l’allevamento dei bovini, cioè il tipo di alimentazione e lo “stile di vita” condotto: questo determina alcune caratteristiche e qualità del prodotto finito.
L’allevamento può andare quindi da due estremi produttivi che comprendono il pascolo brado o semi brado, ovvero con gli animali che hanno la libertà di movimento e si nutrono prevalentemente di foraggio, fino all’allevamento intensivo, cioè un bestiame che vive in spazi più limitati e ha un’alimentazione integrata anche con mangimi specifici.
Il primo modello è quello tipico delle aziende di medie o piccole dimensioni, dislocate spesso in zone montane, ma anche molto diffuse nel centro-sud Italia.
Il secondo, invece, mira principalmente ad accelerare e ad abbattere i costi del processo di crescita delle bestie, creando migliori economie di scala così da garantire un prodotto finale per un consumo di massa e tradizionalmente più adatto alla grande distribuzione.
Dopo la fase di allevamento, si arriva quindi alla macellazione che è il processo di prima lavorazione della carcassa, finalizzato a garantire l’idoneità delle carni per il consumo umano.
La carcassa viene tagliata longitudinalmente, ricavandone due pezzi denominati mezzene, a loro volta tagliati in due, trasversalmente, generando due quarti anteriori e posteriori descritti nelle sezioni precedenti.
La carne appena macellata non è ancora pronta per il consumo umano, per questo c’è bisogno della frollatura: la carne viene lasciata a riposo a temperature comprese tra 0° e +4° C, per permettere agli enzimi presenti nelle fasce muscolari di “agire” per rendere la carne morbida e digeribile.
I tempi della frollatura dipendono dalla tipologia, dall’età e dalla taglia dell’animale. Ad esempio, per le carni rosse come quelle bovine, possono essere necessari anche 20 giorni!
Una volta frollata, la carne viene è quindi pronta per il confezionamento e destinata alla successiva distribuzione fino alle tavole dei consumatori.
In Italia, l’area a maggiore vocazione zootecnica per la produzione di carne bovina è la Pianura Padana.
In generale però nel Nord Italia si alleva più del 70% del patrimonio bovino nazionale, vacche da latte comprese, una percentuale che aumenta se si considerano solo vitelli e vitelloni.
In particolare, il 65% dell’intera produzione italiana è concentrata in quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.
Nel Centro è presente appena il 10% del patrimonio nazionale, mentre il restante 20% è nel Sud e nelle Isole: troviamo la Sicilia con il 4,9% dei capi seguita da Sardegna e Lazio (4%).
A livello globale, gli Stati Uniti e il Brasile sono i principali Paesi produttori, seguiti da Unione Europea, Cina e India.
La carne è presente nei punti vendita ovviamente tutto l’anno.
Il consumo di carne deve però essere integrato in un regime alimentare vario e ispirato al modello della dieta mediterranea, cioè senza eccedere nell’apporto di grassi e proteine di origine animale.
Ad esempio, il peso di una porzione ideale dipende dal tipo di alimento e indicativamente va dai 100g per la carne ai 50 g per i salumi.
Una buona frequenza di consumo può essere al massimo 3 volte a settimana per le carni e 1-2 volte per i salumi.
Si rivela particolarmente benefica la concomitante assunzione di prodotti di origine vegetale quali cereali, verdure e frutta durante il pasto.
La carne, all’interno di una dieta varia ed equilibrata, è un alimento dall’elevato valore nutritivo, in quanto fonte primaria di alcuni nutrienti e micronutrienti fondamentali per il benessere dell’organismo in ogni fase della vita, soprattutto durante la crescita.
L’elevato apporto proteico e di aminoacidi essenziali ad elevata velocità di assunzione, nonché di minerali in forma altamente biodisponibile, sono le principali caratteristiche nutrizionali.
La carne rappresenta quindi un’importante fonte di proteine, acidi grassi essenziali, minerali (ferro, zinco, selenio e rame) e vitamine (vitamina A, vitamine B1, B6 e B12, riboflavina, folati, niacina, acido pantotenico).
Un altro beneficio della carne rossa è quello di fornire energia al cervello. Che da solo consuma il 20% dell’energia totale; inoltre fornisce DHA, un grasso omega-3 che aiuta lo sviluppo delle attività cognitive.
Questo è un alimento fondamentale all’inizio dello svezzamento: in questa fase della vita, i bambini hanno un fabbisogno di proteine molto alto per crescere e svilupparsi sani e forti.
Ma forse non tutti sanno che la carne rossa fornisce carnosina, dipeptide presente in muscoli e cervello, che aiuta a contrastare l’invecchiamento cellulare e a prevenire alcune malattie degenerative come Parkinson e Alzheimer.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Negli ultimi anni il consumo di carne è diventato oggetto di attenzioni e di dibattito, per via di un sentimento diffuso che lo considera un alimento poco sano e dannoso per l’ambiente. Ma non è proprio così.
Infatti uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition ha dimostrato che le persone che non assumono prodotti di origine animale rischiano una carenza di vitamine B12.
Inoltre, secondo uno studio del Journal of Trace Elements in Medicine and Biology, la carne contenendo selenio aumenta la produzione di spermatozoi e di conseguenza la fertilità maschile.
Oggi, grazie a un’attenta selezione delle razze e a tecniche di allevamento sostenibili e innovative, la carne italiana risulta avere una quantità di grassi inferiore rispetto al passato, al punto che la distinzione tra carni bianche (considerate più leggere) e carni rosse (più grasse) può essere considerata ormai un vecchio preconcetto.
Altra curiosità è il dato sulla spesa domestica degli italiani che rappresenta per le carni rosse circa 10,5% del totale della spesa agroalimentare, con il 33% proprio di origine bovina.
Filetto, fesa, noce, girello, lombata, … ma come scegliere quale carne bovina da acquistare?
Perché se, da un lato, non è facile orientarsi a meno di essere cuochi davvero esperti, è altrettanto vero che la scelta va presa considerando il giusto equilibrio tra qualità migliore e i nostri gusti.
Ecco allora qualche indicazione a prescindere da quali razze possono essere riconosciute caratteristiche di gusto differenti.
Quindi non tutta la carne rossa è uguale!
È infatti importante decidere quale pezzo o taglio da acquistare, ricordando che le carni più tenere e più pregiate si collocano per lo più nel quarto posteriore della carcassa e che per ogni ricetta c’è bisogno del suo taglio ideale!
Vediamo allora i tagli più conosciuti e che più facilmente si trovano nel banco del proprio macellaio o produttore di fiducia.
Senza dover per forza conoscere ogni singolo taglio di carne, basta sapere che per gli arrosti al forno sono ideali il filetto, la fesa, la noce, la lombata, la costata, il campanello, il girello di spalla, il girello, la copertina, la costata, e il petto.
Le scaloppine vengono invece bene con fesa, noce, scamone, sottofesa e fesone di spalla.
Per gli stufati, brasati, stracotti e umidi è consigliabile acquistare sottofesa, campanello, fesone di spalla, polpa di spalla e collo.
Per un ottimo spezzatino allora meglio scegliere il campanello, il muscolo anteriore o posteriore, la polpa di spalla, il collo o il petto e reale.
Per appetitosi polpettoni, polpette o ragù utilizzate la copertina di sotto, il collo o la sottospalla; mentre per carni impanate e fritte è preferibile scegliere sottofesa, fesa, noce, scamone, fesone e polpa di spalla, campanello.
Per la più classica bistecca, ovviamente, non possiamo che scegliere i tagli di lombata (con o senza filetto), costata o costate.
Ma per ottenere il meglio dal gusto della carne cruda, affidatevi ai tagli di filetto, fesa, scamone, noce per i carpacci e al girello o al girello di spalla per la tartare.
Dopo aver deciso il taglio ideale al proprio menù, non resta che andare al banco delle carni: qui, bisogna prestare attenzione al colore del prodotto. Le carni devono avere un colore rosso intenso e brillante, così come luminoso deve essere il grasso, che sia tendente al bianco perlaceo o al giallo.
Le carni non devono apparire secche o eccessivamente umide, aspetti che indicano una cattiva conservazione, mentre la presenza di riflessi metallici indica un’alterazione dei grassi (cd. irrancidimento).
È poi importante leggere sempre e con molta attenzione l’etichetta perché qui si trovano le informazioni sul Paese (o i Paesi) in cui l’animale è nato, è stato ingrassato, macellato e sezionato.
Ulteriori informazioni, di natura facoltativa, possono essere presenti sulle carni ottenute seguendo specifici disciplinari di produzione riconosciuti dall’autorità nazionale.
Ma una volta a casa occorre l’ultimo controllo: la carne deve avere un odore gradevole e fresco e una consistenza compatta, soda ed elastica. Se avvertite cattivi odori o notate che premendo un dito sulla stessa l’avvallamento non scompare, evitate di mangiarla e, se potete, tornate dal venditore per chiedere spiegazioni.
La carne bovina è il prodotto derivante, come si evince facilmente dal nome, dalla lavorazione delle carcasse dei bovini.
Nel linguaggio del consumatore, però, sono più diffuse parole come vitellone, vitello o manzo.
Allora vediamo di fare chiarezza!
A seconda dell’età del bovino, si possono distinguere diverse categorie di carne:
– Carne di vitellone, derivata dall’animale maschio abbattuto nel pieno della maturità, fra i 12 e i 24 mesi, non castrato. In virtù della conformazione dei tagli, della composizione, del colore e della consistenza, è tra le carni più pregiate.
– Carne di toro, ovvero il bovino maschio di età pari o superiore ai 24 mesi non castrato. Ha una carne rosso scuro, dura e il tessuto connettivale è giallognolo.
– Carne di manzo, detta anche carne di castrato, è derivata dal bovino maschio castrato (ma “manzo” è chiamato anche il bovino femmina che non ha mai partorito) che ha superato i 12 mesi.
La castrazione viene eseguita per favorirne un ingrasso precoce e una carne qualitativamente migliore.
– Carne di vacca è ottenuta dal bovino femmina macellato, in genere, al termine della carriera economica, ovvero quando l’animale non è più destinato alla produzione di vitelli o di latte. Si tratta di animali che hanno 6-8 anni quindi la carne è simile a quella del manzo ma ha un prezzo generalmente più basso.
– Carne di giovenca, detta anche scottona o sorana, deriva dal bovino femmina di età pari o superiore ai 12 mesi che non ha partorito.
– Carne di vitello, ottenuta invece dal bovino giovane macellato, a circa 120 giorni di età ed allevato fin dalla nascita solamente con latte.
Ecco qualche altra indicazione relativa ad alcune razze italiane alle quali possono essere riconosciute caratteristiche di gusto di livello superiore, sebbene tutta la carne delle razze bovine nazionali può essere considerata di qualità eccellente:
– La Piemontese considerata una delle migliori carni bovine a livello internazionale, è gustosa, ha un ottimo rapporto tra parti grasse e parti magre e un tasso di colesterolo molto basso.
– La Chianina, nota ai più per la famosa “bistecca alla fiorentina” fornisce una carne magra e succulenta.
– La Romagnola si caratterizza invece per una carne particolarmente magra e tenera.
– Dalla Marchigiana, infine, si ottiene una carne molto tenera, con un basso contenuto di grassi e colesterolo e una buona marezzatura, cioè i filamenti di grasso all’interno della massa muscolare del taglio e che conferiscono gusto e morbidezza.
Ma a rendere più “complessa” la conoscenza della carne bovina va ricordato che per ogni ricetta c’è bisogno del suo taglio ideale!
Vediamo allora i tagli più conosciuti, che sicuramente capiterà a tutti di trovare nel banco del proprio macellaio o produttore di fiducia.
Il Filetto si colloca all’interno della Lombata e può essere venduto attaccato o staccato da quest’ultima. La parte venduta separatamente, in fette di piccole dimensioni, è quella che prosegue verso la coscia.
La Fesa, che si colloca nella parte interna della coscia, è costituita da fibre muscolari lunghe e sottili, con poche infiltrazioni di grasso e risulta particolarmente tenera. È nota anche come “scannello”, “natica” o “rosa”.
La Noce è ricavata dalla parte anteriore ed esterna della coscia, denominata anche “rosetta”, “tracoscio”, “sottocoscio” o “bordono”. La noce è spesso venduta accorpata al fianchetto (un taglio piatto di forma triangolare), cha è a muscolatura a grana grossa, meno tenero, e quindi più adatto a spezzatini e a lunghe cotture.
Il Girello si ricava dal margine posteriore della coscia, è costituito da un unico muscolo tondo, compatto, molto magro, ma a fibra grossa e quindi piuttosto duro rispetto ad altri tagli. Altre denominazioni sono il magitello, lacerto, coscia rotonda.
Passando poi al quarto anteriore del bovino, troviamo il Fesone di spalla che ha un buon valore commerciale, soprattutto negli animali più giovani. La Polpa di spalla è invece un taglio che necessita di cotture lente e in presenza di liquidi; mentre le costate, note come braciole, si trovano tra il collo e la costata.
La produzione della carne che arriva sulle nostre tavole comincia con l’allevamento dei bovini, cioè il tipo di alimentazione e lo “stile di vita” condotto: questo determina alcune caratteristiche e qualità del prodotto finito.
L’allevamento può andare quindi da due estremi produttivi che comprendono il pascolo brado o semi brado, ovvero con gli animali che hanno la libertà di movimento e si nutrono prevalentemente di foraggio, fino all’allevamento intensivo, cioè un bestiame che vive in spazi più limitati e ha un’alimentazione integrata anche con mangimi specifici.
Il primo modello è quello tipico delle aziende di medie o piccole dimensioni, dislocate spesso in zone montane, ma anche molto diffuse nel centro-sud Italia.
Il secondo, invece, mira principalmente ad accelerare e ad abbattere i costi del processo di crescita delle bestie, creando migliori economie di scala così da garantire un prodotto finale per un consumo di massa e tradizionalmente più adatto alla grande distribuzione.
Dopo la fase di allevamento, si arriva quindi alla macellazione che è il processo di prima lavorazione della carcassa, finalizzato a garantire l’idoneità delle carni per il consumo umano.
La carcassa viene tagliata longitudinalmente, ricavandone due pezzi denominati mezzene, a loro volta tagliati in due, trasversalmente, generando due quarti anteriori e posteriori descritti nelle sezioni precedenti.
La carne appena macellata non è ancora pronta per il consumo umano, per questo c’è bisogno della frollatura: la carne viene lasciata a riposo a temperature comprese tra 0° e +4° C, per permettere agli enzimi presenti nelle fasce muscolari di “agire” per rendere la carne morbida e digeribile.
I tempi della frollatura dipendono dalla tipologia, dall’età e dalla taglia dell’animale. Ad esempio, per le carni rosse come quelle bovine, possono essere necessari anche 20 giorni!
Una volta frollata, la carne viene è quindi pronta per il confezionamento e destinata alla successiva distribuzione fino alle tavole dei consumatori.
In Italia, l’area a maggiore vocazione zootecnica per la produzione di carne bovina è la Pianura Padana.
In generale però nel Nord Italia si alleva più del 70% del patrimonio bovino nazionale, vacche da latte comprese, una percentuale che aumenta se si considerano solo vitelli e vitelloni.
In particolare, il 65% dell’intera produzione italiana è concentrata in quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.
Nel Centro è presente appena il 10% del patrimonio nazionale, mentre il restante 20% è nel Sud e nelle Isole: troviamo la Sicilia con il 4,9% dei capi seguita da Sardegna e Lazio (4%).
A livello globale, gli Stati Uniti e il Brasile sono i principali Paesi produttori, seguiti da Unione Europea, Cina e India.
La carne è presente nei punti vendita ovviamente tutto l’anno.
Il consumo di carne deve però essere integrato in un regime alimentare vario e ispirato al modello della dieta mediterranea, cioè senza eccedere nell’apporto di grassi e proteine di origine animale.
Ad esempio, il peso di una porzione ideale dipende dal tipo di alimento e indicativamente va dai 100g per la carne ai 50 g per i salumi.
Una buona frequenza di consumo può essere al massimo 3 volte a settimana per le carni e 1-2 volte per i salumi.
Si rivela particolarmente benefica la concomitante assunzione di prodotti di origine vegetale quali cereali, verdure e frutta durante il pasto.
La carne, all’interno di una dieta varia ed equilibrata, è un alimento dall’elevato valore nutritivo, in quanto fonte primaria di alcuni nutrienti e micronutrienti fondamentali per il benessere dell’organismo in ogni fase della vita, soprattutto durante la crescita.
L’elevato apporto proteico e di aminoacidi essenziali ad elevata velocità di assunzione, nonché di minerali in forma altamente biodisponibile, sono le principali caratteristiche nutrizionali.
La carne rappresenta quindi un’importante fonte di proteine, acidi grassi essenziali, minerali (ferro, zinco, selenio e rame) e vitamine (vitamina A, vitamine B1, B6 e B12, riboflavina, folati, niacina, acido pantotenico).
Un altro beneficio della carne rossa è quello di fornire energia al cervello. Che da solo consuma il 20% dell’energia totale; inoltre fornisce DHA, un grasso omega-3 che aiuta lo sviluppo delle attività cognitive.
Questo è un alimento fondamentale all’inizio dello svezzamento: in questa fase della vita, i bambini hanno un fabbisogno di proteine molto alto per crescere e svilupparsi sani e forti.
Ma forse non tutti sanno che la carne rossa fornisce carnosina, dipeptide presente in muscoli e cervello, che aiuta a contrastare l’invecchiamento cellulare e a prevenire alcune malattie degenerative come Parkinson e Alzheimer.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Negli ultimi anni il consumo di carne è diventato oggetto di attenzioni e di dibattito, per via di un sentimento diffuso che lo considera un alimento poco sano e dannoso per l’ambiente. Ma non è proprio così.
Infatti uno studio pubblicato sul British Journal of Nutrition ha dimostrato che le persone che non assumono prodotti di origine animale rischiano una carenza di vitamine B12.
Inoltre, secondo uno studio del Journal of Trace Elements in Medicine and Biology, la carne contenendo selenio aumenta la produzione di spermatozoi e di conseguenza la fertilità maschile.
Oggi, grazie a un’attenta selezione delle razze e a tecniche di allevamento sostenibili e innovative, la carne italiana risulta avere una quantità di grassi inferiore rispetto al passato, al punto che la distinzione tra carni bianche (considerate più leggere) e carni rosse (più grasse) può essere considerata ormai un vecchio preconcetto.
Altra curiosità è il dato sulla spesa domestica degli italiani che rappresenta per le carni rosse circa 10,5% del totale della spesa agroalimentare, con il 33% proprio di origine bovina.