Le castagne che si trovano facilmente in vendita possono avere qualità diverse.
Ad esempio, nei boschi del cuneese si trovano le bracalle e le sarvaschine. Entrambe sono tra le varietà dell’IGP “Castagna Cuneo”. Sono due castagne dolci e molto buone, entrambe ottime per confetture e dolci. Le bracalle sono particolarmente grandi ma si raccolgono per ultime. Le saravaschine sono più piccole e sono della grandezza giusta per farne delle caldarroste. Hanno delle strisce più scure che le attraversano longitudinalmente e l’ilo (la parte bassa di colore più chiaro) piuttosto piccolo.
Le castagne ibride eurogiapponesi che sono state introdotte a partire dagli anni Settanta perché particolarmente resistenti ad alcune malattie, sono bellissime a vedersi, perché sono molto grandi. Tuttavia, sono poco dolci e hanno poco gusto. Si usano nell’industria dolciaria, anche per fare i marron glacè. Si riconoscono facilmente perché l’ilo, a differenza delle altre castagne, è molto grande.
Non mancano poi le “selvatiche”, castagne medio-piccole ma molto buone per fare le caldarroste.
Come si fa a distinguere le castagne buone?
Non è facile al tatto. Devono essere sode e lisce, non si deve sentire del vuoto, cioè una specie di camera d’aria tra la buccia esterna e “il corpo” della castagna; non si devono sentire grinze o rughe. Mettendole in una bacinella piena d’acqua, i frutti di qualità inferiore, se non addirittura marci perché attaccati dai vermi resteranno in superficie.
Anche la vista contribuisce ad una buona scelta: devono essere lucide e non ci devono essere righe più scure, né ovviamente buchi (ovvero il segno del vermetto che ha scavato il suo tunnel dentro la castagna). Se sono opache significa che sono vecchie o non buone.
Sebbene la castagna sia un frutto tipicamente autunnale è possibile conservarla, anche con dei metodi casalinghi, fino all’inizio del nuovo anno.
Le castagne possono essere conservate crude o cotte, fresche o secche.
Se conservate crude, vanno pulite, e riposte in frigorifero ad una temperatura di +2° o +3° per circa un mese. Oppure possono essere congelate in appositi sacchetti per alimenti dopo lavaggio, asciugatura e incisione: in freezer si conservano per 6 mesi.
Uno dei metodi più semplici ed efficienti per conservare le castagne consiste semplicemente nell’insabbiarle.
Altro metodo per conservare le castagne consiste nell’annegamento, un metodo molto antico, noto anche come metodo della novena (così chiamato perché dura 9 giorni): immergere tutte le castagne nell’acqua (a temperatura ambiente), quindi gettare quelle che vengono a galla nei primi 2-3 giorni. Ogni giorno dovrà essere cambiato metà del quantitativo totale di acqua, mentre il quinto e l’ottavo giorno andrà cambiata tutta. Il nono giorno si toglie tutta l’acqua e si mettono le castagne stese ad asciugare. In questo modo si svilupperanno dei microorganismi che permetteranno una leggera fermentazione che le conserva anche 2-3 mesi.
Le castagne possono essere conservate anche cotte, dopo averle pulite ed incise si cuociono come si procede con le caldarroste, si fanno raffreddare ed infine si congelano in sacchetti per alimenti.
La castagna è il frutto del castagno. Le castagne derivano dai fiori femminili (solitamente 2 o 3) racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. La castagna è un achenio, ha pericarpo liscio e coriaceo bruno scuro, all’apice è presente la cosiddetta torcia, cioè i resti degli stili, mentre alla base è presente una cicatrice più chiara denominata ilo.
La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà delle castagne, anche dal numero e dalla posizione che essi occupano all’interno del riccio, che può essere emisferica o schiacciata.
Con il generico nome “castagna” ci si riferisce al frutto della pianta selvatica.
Quando l’uomo ha deciso di metterci mano e di passare dalla raccolta spontanea alla pratica di coltivazione, i castagni hanno subito un vero e proprio restyling, tra potature e innesti. E’ così che sono nate cultivar di ottima qualità e da queste i marroni.
Vediamo quali sono le differenze tra castagne e marroni:
Grandezza:
Salta subito all’occhio la differenza di taglia tra i due. In un riccio di castagne si possono trovare fino a sette frutti, in uno di marroni ce ne stanno al massimo tre.
Caratteristiche interne:
Altra differenza riguarda la pellicola che separa il frutto dalla buccia.
Nella castagna il rivestimento si insinua all’interno della polpa.
Nei marroni la pellicola che la avvolge è più facile da rimuovere, la polpa non è settata, la superficie è più liscia e omogenea.
Il colore e la forma:
Le castagne si presentano più piccole e schiacciate, perché hanno faticato a trovare ciascuna il proprio posto all’interno del riccio. La buccia è resistente e bruno scuro.
I marroni, invece, oltre ad essere più grossi, hanno la buccia striata di un marrone un po’ più chiaro e la forma tondeggiante, che ricorda un po’ quella di un cuore.
Il gusto:
Le castagne, se raffrontate ai cugini, sono un po’ meno saporite. I derivati più comuni sono creme e farine.
I marroni, invece, sono più zuccherini e croccanti, e per questo sono molto richiesti in pasticceria, per essere trasformati in deliziosi marron glacé.
Per quanto riguarda le varietà di castagno ne esistono diverse e tra queste ci sono sia tipologie destinate alla produzione di farina sia i marroni destinati per la preparazione di prodotti dolciari.
Di seguito le varietà più diffuse raggruppate secondo la tipologia castagna e marrone:
Marrone
Marrone di Lione; Marrone dell’Amiata; Marrone di Viterbo; Marrone di San Mauro.
Castagna
Salvaschina; Bracalla; Carpinese; Napoletana; Garrone nero; Garrone rosso; Gentile; Riggiola; Pistolese; Tempestiva; Ibridi euro-giapponesi; Precoce Migoule; Bouche de Betizac; Marsol; Maraval; Primato; Vignols; Giapponesi; Giniose; Tanzawa.
La pianta di castagno vegeta in maniera ottimale in collina a quote di 500-600 m fino a zone pedemontane sui 1000-1200 metri. L’albero raggiunge altezze dai 25 ai 30 metri. È una pianta anemocora in quanto la dispersione del polline è affidata al vento. Per l’impollinazione è necessario coltivare più varietà.
Per ottenere una buona produzione di frutti è necessario coltivare diverse varietà prestando attenzione anche alle associazioni tra di esse perché alcune sono autosterili: è importante quindi assicurare un impollinazione incrociata preferendo l’alternanza a filari.
Le castagne comuni vengono facilmente impollinate da esemplari selvatici.
I frutti si formano in numero variabile all’interno di ricci. Le piante incominciano la produzione dopo circa 4 anni dalla germinazione.
La pianta necessita di alcune attenzioni nelle prime fasi di crescita. Elemento importante è la condizione del terreno che deve essere sciolto mediamente fresco e profondo.
Sono da preferire i terreni ricchi di scheletro (tipo di granulosità/tessitura molto permeabile) con pH possibilmente di 5-6,5.
Sono da evitare i terreni calcarei e molto compatti. Sono da preferire i terreni pianeggianti e quelli leggermente in pendenza dove si può avere una raccolta molto agevolata.
L’esposizione ottimale del castagneto può favorire la resa del raccolto. È meglio scegliere un terreno libero, lontano dall’ombra di grandi alberi o boschi vicini, con esposizione preferibilmente a ovest e sud.
Le piante ben sviluppate di castagno in genere non necessitano di interventi di irrigazione. Nelle piante giovani invece almeno fino all’entrata in produzione dovranno ricevere un intervento irriguo ad intervalli di 20 giorni nel periodo di maggiore caldo.
La produzione non è sempre costante durante le diverse annate, infatti è possibile che ad una grossa produzione caratterizzata da frutti di media o piccola grandezza ne segua una con una quantità di frutti minori ma di più grande dimensione.
I castagneti ben tenuti a cui vengono fornite tutte le cure necessarie sono molto longevi, una singola pianta di castagno può superare anche il secolo di vita.
Negli ultimi anni in Italia, la diffusione di un parassita (l’insetto imenottero cinipide galligeno) ha però determinato una brusca riduzione dell’offerta di castagne e marroni.
Tuttavia la cura decisa dalle Istituzioni pubbliche è stata quella di diffondere un antagonista naturale del parassita, il torymus sinesi, ghiotto delle larve del cinipide.
Lo scontro tra animaletti ha permesso di salvare i castagni in modo del tutto biologico.
In Italia, si produce principalmente in Campania, Calabria, Toscana, Piemonte, Lazio Basilicata, Emilia Romagna e Lombardia.
Le DOP per le castagne e i marroni sono: Castagna di Vallerano (Lazio), Marrone di Caprese Michelangelo (Toscana), Marrone di San Zeno (Veneto), Farina di Neccio della Garfagnana (Toscana), Farina di castagne della Lunigiana (Toscana)
Le IGP per le castagne e i marroni sono: Castagna Cuneo (Piemonte), Castagna del Monte Amiata (Toscana), Castagna di Montella (Campania), Marrone del Mugello (Toscana), Marrone della Valle di Susa (Piemonte), Marrone di Castel del Rio (Emilia Romagna), Marrone di Combai (Veneto), Marrone di Roccadaspide (Campania), Marroni del Monfenera (Veneto).
Esistono infine diverse varietà di castagne e marroni recensite nel registro dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) istituito dal Ministero delle Politiche Agricole. Le regioni di produzione sono l’Abruzzo, la Campania, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio, la Liguria, la Lombardia, le Marche, il Molise, il Piemonte, la Toscana, l’Umbria, il Veneto e il Trentino Alto Adige.
I principali Paesi esteri produttori da cui importa l’Italia sono: Spagna, Portogallo, Albania, Grecia, Turchia e Slovenia. Tuttavia, dal 2015 le importazioni di castagne e marroni stanno progressivamente diminuendo.
Il periodo di produzione e consumo va da settembre a novembre.
Un tempo, in montagna e in collina, le castagne erano il cibo dei poveri, di chi non si poteva permettere nemmeno un tozzo di pane. Era un cibo importante che garantiva sopravvivenza in zone non troppo agevoli e ricche dal punto di vista agricolo, specie in periodi di carestie. Oggi le cose sono un po’ cambiate.
Ricche di amidi e carboidrati, si mangiano bollite o arrostite, oppure se ne ricava una farina molto nutriente. La ricchezza in carboidrati complessi le rende per valore nutritivo simili ai cereali: sono una valida alternativa in caso di intolleranza e coprono completamente la parte glucidica del pasto.
Tra le vitamine contenute nelle castagne troviamo: vitamina A, B1 (tiamina), B2 (riboflavina), B3 (niacina), B5, B6, B9 (acido folico), B12, C e D. Tra gli aminoacidi presenti nelle castagne citiamo l’acido aspartico, l’acido glutammico, arginina, serina e treonina.
Le castagne contengono inoltre potassio (antisettico, rinforza muscoli e ghiandole e interviene nella regolazione della pressione sanguigna), fosforo (calcificante, collabora alla formazione della cellula nervosa), zolfo (antisettico, disinfettante, contribuisce all’ossificazione), sodio (utile alla digestione e all’assimilazione), magnesio (coadiuva alla formazione dello scheletro e agisce come rigeneratore dei nervi), calcio (ha effetti positivi su ossa, sangue, nervi), cloro (rinforza ossa, denti e tendini).
Sazianti, ricche in fibre e minerali, utile in caso di anemia e stanchezza psicofisica grazie al loro elevato apporto calorico (circa 287 calorie in 100 grammi). Indicate in gravidanza, in virtù del loro apporto di acido folico che previene malformazioni fetali. Le castagne sono alleate di intestino, sistema nervoso, muscoli, ossa, circolazione sanguigna. Le castagne riducono il colesterolo, riequilibrano la flora batterica.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA
La castanicoltura italiana si evolve nel corso del XX secolo, ma in maniera travagliata. Nella prima metà del secolo, con le sue produzioni diversificate, la castanicoltura continua a mantenere un ruolo strategico per la sopravvivenza di una larga fascia di popolazione della montagna italiana.
Oltre a soddisfare il consumo nazionale, la castagna viene commercializzata sui mercati europei e di Oltreoceano; i principali Paesi verso i quali esporta l’Italia sono la Germania, la Svizzera, l’Austria, gli Stati Uniti d’America, la Francia, il Regno Unito, il Canada.
Di particolare interesse è il suo legno che viene utilizzato per varie lavorazioni risultando essere molto resistente. I boschi di castagno destinati alla produzione di legna vengono definiti paline di castagno.
Le castagne che si trovano facilmente in vendita possono avere qualità diverse.
Ad esempio, nei boschi del cuneese si trovano le bracalle e le sarvaschine. Entrambe sono tra le varietà dell’IGP “Castagna Cuneo”. Sono due castagne dolci e molto buone, entrambe ottime per confetture e dolci. Le bracalle sono particolarmente grandi ma si raccolgono per ultime. Le saravaschine sono più piccole e sono della grandezza giusta per farne delle caldarroste. Hanno delle strisce più scure che le attraversano longitudinalmente e l’ilo (la parte bassa di colore più chiaro) piuttosto piccolo.
Le castagne ibride eurogiapponesi che sono state introdotte a partire dagli anni Settanta perché particolarmente resistenti ad alcune malattie, sono bellissime a vedersi, perché sono molto grandi. Tuttavia, sono poco dolci e hanno poco gusto. Si usano nell’industria dolciaria, anche per fare i marron glacè. Si riconoscono facilmente perché l’ilo, a differenza delle altre castagne, è molto grande.
Non mancano poi le “selvatiche”, castagne medio-piccole ma molto buone per fare le caldarroste.
Come si fa a distinguere le castagne buone?
Non è facile al tatto. Devono essere sode e lisce, non si deve sentire del vuoto, cioè una specie di camera d’aria tra la buccia esterna e “il corpo” della castagna; non si devono sentire grinze o rughe. Mettendole in una bacinella piena d’acqua, i frutti di qualità inferiore, se non addirittura marci perché attaccati dai vermi resteranno in superficie.
Anche la vista contribuisce ad una buona scelta: devono essere lucide e non ci devono essere righe più scure, né ovviamente buchi (ovvero il segno del vermetto che ha scavato il suo tunnel dentro la castagna). Se sono opache significa che sono vecchie o non buone.
Sebbene la castagna sia un frutto tipicamente autunnale è possibile conservarla, anche con dei metodi casalinghi, fino all’inizio del nuovo anno.
Le castagne possono essere conservate crude o cotte, fresche o secche.
Se conservate crude, vanno pulite, e riposte in frigorifero ad una temperatura di +2° o +3° per circa un mese. Oppure possono essere congelate in appositi sacchetti per alimenti dopo lavaggio, asciugatura e incisione: in freezer si conservano per 6 mesi.
Uno dei metodi più semplici ed efficienti per conservare le castagne consiste semplicemente nell’insabbiarle.
Altro metodo per conservare le castagne consiste nell’annegamento, un metodo molto antico, noto anche come metodo della novena (così chiamato perché dura 9 giorni): immergere tutte le castagne nell’acqua (a temperatura ambiente), quindi gettare quelle che vengono a galla nei primi 2-3 giorni. Ogni giorno dovrà essere cambiato metà del quantitativo totale di acqua, mentre il quinto e l’ottavo giorno andrà cambiata tutta. Il nono giorno si toglie tutta l’acqua e si mettono le castagne stese ad asciugare. In questo modo si svilupperanno dei microorganismi che permetteranno una leggera fermentazione che le conserva anche 2-3 mesi.
Le castagne possono essere conservate anche cotte, dopo averle pulite ed incise si cuociono come si procede con le caldarroste, si fanno raffreddare ed infine si congelano in sacchetti per alimenti.
La castagna è il frutto del castagno. Le castagne derivano dai fiori femminili (solitamente 2 o 3) racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. La castagna è un achenio, ha pericarpo liscio e coriaceo bruno scuro, all’apice è presente la cosiddetta torcia, cioè i resti degli stili, mentre alla base è presente una cicatrice più chiara denominata ilo.
La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà delle castagne, anche dal numero e dalla posizione che essi occupano all’interno del riccio, che può essere emisferica o schiacciata.
Con il generico nome “castagna” ci si riferisce al frutto della pianta selvatica.
Quando l’uomo ha deciso di metterci mano e di passare dalla raccolta spontanea alla pratica di coltivazione, i castagni hanno subito un vero e proprio restyling, tra potature e innesti. E’ così che sono nate cultivar di ottima qualità e da queste i marroni.
Vediamo quali sono le differenze tra castagne e marroni:
Grandezza:
Salta subito all’occhio la differenza di taglia tra i due. In un riccio di castagne si possono trovare fino a sette frutti, in uno di marroni ce ne stanno al massimo tre.
Caratteristiche interne:
Altra differenza riguarda la pellicola che separa il frutto dalla buccia.
Nella castagna il rivestimento si insinua all’interno della polpa.
Nei marroni la pellicola che la avvolge è più facile da rimuovere, la polpa non è settata, la superficie è più liscia e omogenea.
Il colore e la forma:
Le castagne si presentano più piccole e schiacciate, perché hanno faticato a trovare ciascuna il proprio posto all’interno del riccio. La buccia è resistente e bruno scuro.
I marroni, invece, oltre ad essere più grossi, hanno la buccia striata di un marrone un po’ più chiaro e la forma tondeggiante, che ricorda un po’ quella di un cuore.
Il gusto:
Le castagne, se raffrontate ai cugini, sono un po’ meno saporite. I derivati più comuni sono creme e farine.
I marroni, invece, sono più zuccherini e croccanti, e per questo sono molto richiesti in pasticceria, per essere trasformati in deliziosi marron glacé.
Per quanto riguarda le varietà di castagno ne esistono diverse e tra queste ci sono sia tipologie destinate alla produzione di farina sia i marroni destinati per la preparazione di prodotti dolciari.
Di seguito le varietà più diffuse raggruppate secondo la tipologia castagna e marrone:
Marrone
Marrone di Lione; Marrone dell’Amiata; Marrone di Viterbo; Marrone di San Mauro.
Castagna
Salvaschina; Bracalla; Carpinese; Napoletana; Garrone nero; Garrone rosso; Gentile; Riggiola; Pistolese; Tempestiva; Ibridi euro-giapponesi; Precoce Migoule; Bouche de Betizac; Marsol; Maraval; Primato; Vignols; Giapponesi; Giniose; Tanzawa.
La pianta di castagno vegeta in maniera ottimale in collina a quote di 500-600 m fino a zone pedemontane sui 1000-1200 metri. L’albero raggiunge altezze dai 25 ai 30 metri. È una pianta anemocora in quanto la dispersione del polline è affidata al vento. Per l’impollinazione è necessario coltivare più varietà.
Per ottenere una buona produzione di frutti è necessario coltivare diverse varietà prestando attenzione anche alle associazioni tra di esse perché alcune sono autosterili: è importante quindi assicurare un impollinazione incrociata preferendo l’alternanza a filari.
Le castagne comuni vengono facilmente impollinate da esemplari selvatici.
I frutti si formano in numero variabile all’interno di ricci. Le piante incominciano la produzione dopo circa 4 anni dalla germinazione.
La pianta necessita di alcune attenzioni nelle prime fasi di crescita. Elemento importante è la condizione del terreno che deve essere sciolto mediamente fresco e profondo.
Sono da preferire i terreni ricchi di scheletro (tipo di granulosità/tessitura molto permeabile) con pH possibilmente di 5-6,5.
Sono da evitare i terreni calcarei e molto compatti. Sono da preferire i terreni pianeggianti e quelli leggermente in pendenza dove si può avere una raccolta molto agevolata.
L’esposizione ottimale del castagneto può favorire la resa del raccolto. È meglio scegliere un terreno libero, lontano dall’ombra di grandi alberi o boschi vicini, con esposizione preferibilmente a ovest e sud.
Le piante ben sviluppate di castagno in genere non necessitano di interventi di irrigazione. Nelle piante giovani invece almeno fino all’entrata in produzione dovranno ricevere un intervento irriguo ad intervalli di 20 giorni nel periodo di maggiore caldo.
La produzione non è sempre costante durante le diverse annate, infatti è possibile che ad una grossa produzione caratterizzata da frutti di media o piccola grandezza ne segua una con una quantità di frutti minori ma di più grande dimensione.
I castagneti ben tenuti a cui vengono fornite tutte le cure necessarie sono molto longevi, una singola pianta di castagno può superare anche il secolo di vita.
Negli ultimi anni in Italia, la diffusione di un parassita (l’insetto imenottero cinipide galligeno) ha però determinato una brusca riduzione dell’offerta di castagne e marroni.
Tuttavia la cura decisa dalle Istituzioni pubbliche è stata quella di diffondere un antagonista naturale del parassita, il torymus sinesi, ghiotto delle larve del cinipide.
Lo scontro tra animaletti ha permesso di salvare i castagni in modo del tutto biologico.
In Italia, si produce principalmente in Campania, Calabria, Toscana, Piemonte, Lazio Basilicata, Emilia Romagna e Lombardia.
Le DOP per le castagne e i marroni sono: Castagna di Vallerano (Lazio), Marrone di Caprese Michelangelo (Toscana), Marrone di San Zeno (Veneto), Farina di Neccio della Garfagnana (Toscana), Farina di castagne della Lunigiana (Toscana)
Le IGP per le castagne e i marroni sono: Castagna Cuneo (Piemonte), Castagna del Monte Amiata (Toscana), Castagna di Montella (Campania), Marrone del Mugello (Toscana), Marrone della Valle di Susa (Piemonte), Marrone di Castel del Rio (Emilia Romagna), Marrone di Combai (Veneto), Marrone di Roccadaspide (Campania), Marroni del Monfenera (Veneto).
Esistono infine diverse varietà di castagne e marroni recensite nel registro dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) istituito dal Ministero delle Politiche Agricole. Le regioni di produzione sono l’Abruzzo, la Campania, l’Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio, la Liguria, la Lombardia, le Marche, il Molise, il Piemonte, la Toscana, l’Umbria, il Veneto e il Trentino Alto Adige.
I principali Paesi esteri produttori da cui importa l’Italia sono: Spagna, Portogallo, Albania, Grecia, Turchia e Slovenia. Tuttavia, dal 2015 le importazioni di castagne e marroni stanno progressivamente diminuendo.
Il periodo di produzione e consumo va da settembre a novembre.
Un tempo, in montagna e in collina, le castagne erano il cibo dei poveri, di chi non si poteva permettere nemmeno un tozzo di pane. Era un cibo importante che garantiva sopravvivenza in zone non troppo agevoli e ricche dal punto di vista agricolo, specie in periodi di carestie. Oggi le cose sono un po’ cambiate.
Ricche di amidi e carboidrati, si mangiano bollite o arrostite, oppure se ne ricava una farina molto nutriente. La ricchezza in carboidrati complessi le rende per valore nutritivo simili ai cereali: sono una valida alternativa in caso di intolleranza e coprono completamente la parte glucidica del pasto.
Tra le vitamine contenute nelle castagne troviamo: vitamina A, B1 (tiamina), B2 (riboflavina), B3 (niacina), B5, B6, B9 (acido folico), B12, C e D. Tra gli aminoacidi presenti nelle castagne citiamo l’acido aspartico, l’acido glutammico, arginina, serina e treonina.
Le castagne contengono inoltre potassio (antisettico, rinforza muscoli e ghiandole e interviene nella regolazione della pressione sanguigna), fosforo (calcificante, collabora alla formazione della cellula nervosa), zolfo (antisettico, disinfettante, contribuisce all’ossificazione), sodio (utile alla digestione e all’assimilazione), magnesio (coadiuva alla formazione dello scheletro e agisce come rigeneratore dei nervi), calcio (ha effetti positivi su ossa, sangue, nervi), cloro (rinforza ossa, denti e tendini).
Sazianti, ricche in fibre e minerali, utile in caso di anemia e stanchezza psicofisica grazie al loro elevato apporto calorico (circa 287 calorie in 100 grammi). Indicate in gravidanza, in virtù del loro apporto di acido folico che previene malformazioni fetali. Le castagne sono alleate di intestino, sistema nervoso, muscoli, ossa, circolazione sanguigna. Le castagne riducono il colesterolo, riequilibrano la flora batterica.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA
La castanicoltura italiana si evolve nel corso del XX secolo, ma in maniera travagliata. Nella prima metà del secolo, con le sue produzioni diversificate, la castanicoltura continua a mantenere un ruolo strategico per la sopravvivenza di una larga fascia di popolazione della montagna italiana.
Oltre a soddisfare il consumo nazionale, la castagna viene commercializzata sui mercati europei e di Oltreoceano; i principali Paesi verso i quali esporta l’Italia sono la Germania, la Svizzera, l’Austria, gli Stati Uniti d’America, la Francia, il Regno Unito, il Canada.
Di particolare interesse è il suo legno che viene utilizzato per varie lavorazioni risultando essere molto resistente. I boschi di castagno destinati alla produzione di legna vengono definiti paline di castagno.