Le pratiche idonee ad indurre in errore i consumatori sulla vera origine degli alimenti

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15 Mar 2021

 

 

 

  • La controversia

La Corte di giustizia di recente è tornata a delimitare i confini della tutela dei segni europei di qualità, fornendo un’interpretazione dell’ultimo periodo dell’art. 13, par. 1, lett. d) del regolamento (UE) n. 1151 /2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari nella parte in cui prevede che i nomi registrati sono protetti nei confronti di «qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto».

L’occasione è stata offerta dalla controversia che ha visto coinvolte da un lato la società Fromagère du Livradois, produttrice di formaggi, e, dall’altro lato, il Syndacat interprofessionel de defense du fromage Morbier, riconosciuto in Francia come organismo di tutela del formaggio DOP Morbier. In particolare, il Syndacat lamentava una violazione da parte della società Fromagère della disciplina di tutela delle Denominazioni di origine protetta nonché la realizzazione di atti di concorrenza sleale e parassitaria. Le doglianze si focalizzavano sulla produzione e sulla commercializzazione da parte della società Fromagère di un formaggio visivamente simile alla DOP Morbie.

La vicenda giudiziaria è stata incardinata presso il Tribunale di primo grado di Parigi, è proseguita in Corte di appello ed è approdata presso la Corte di cassazione francese. Le Corti territoriali, all’esito di un bilanciamento tra la tutela dei segni di proprietà industriale e la libertà di iniziativa economica, avevano respinto la domanda di tutela del Syndacat: esse, infatti, non hanno ritenuto illecito commercializzare un alimento che riproducesse in tutto o in parte l’aspetto estetico di un prodotto a denominazione protetta: diversamente opinando, la libertà di commercio sarebbe stata eccessivamente compromessa.

  • Il «Puzzle» dell’origine alimentare

. La giurisprudenza nazionale ha elaborato una distinzione tecnica tra origine e provenienza, secondo la quale l’origine costituirebbe il luogo di materiale fabbricazione di una merce mentre la provenienza consisterebbe nel luogo della filiera di produzione.  Ne è conseguita l’affermazione da parte della Corte di cassazione della legittimità della condotta dell’imprenditore che abbia indicato su un prodotto realizzato all’estero il proprio nome ed il proprio marchio, purché egli sia in grado di dimostrare di sovrintendere il processo produttivo; diversamente, si è ritenuto penalmente rilevante apporre l’espressione Made in Italy (o simili) su un alimento realizzato all’estero secondo i canoni propri del Codice doganale europeo.

Le indicazioni dell’origine alimentare, un tempo finalizzate ad assicurare la rintracciabilità degli alimenti e la tutela della consapevolezza dei consumatori, sono progressivamente diventate forme di pubblicità e di affiliazione commerciale: difatti, il tema dell’origine alimentare in Europa è reso complesso dalla convivenza di indicazioni obbligatorie e facoltative, potenzialmente idonee ad indurre in errore il consumatore medio.

 

  • La decisione: la tutela estesa dei segni europei di qualità 

La Corte di giustizia coglie l’occasione offerta dalla controversia insorta tra il Syndacat e la società Fromagère per ribadire che le denominazioni registrate sono tutelate a fronte di una serie graduata di comportamenti vietati: «in primo luogo, l’impiego commerciale diretto o indiretto di una denominazione registrata, in secondo luogo, l’usurpazione, l’imitazione o l’evocazione, in terzo luogo, l’indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto considerato nonché l’impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sull’origine del prodotto». In conclusione, occorre valutare se detta riproduzione possa indurre in errore il consumatore europeo, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti nel caso di specie.

  • Riflessioni conclusive

La pronuncia della Corte di giustizia non era scontata. L’ampliamento della protezione delle indicazioni geografiche qualificate determina inevitabilmente una restrizione delle libertà economiche delle imprese che di tali indicazioni non si fregiano, per necessità o per scelta. Ne consegue che la giurisprudenza si ritrova a procedere su una corda tesa in equilibrio tra il modello di economia liberista e la tutela dei consumatori. Si tratta di un equilibrio difficile e precario, i cui confini devono essere di volta in volta ridefiniti, al fine ultimo di non sfociare né in un modello di mercato rigorosamente liberista, che non appartiene alle tradizioni comuni degli Stati membri dell’Unione, né tantomeno in un modello di mercato socialista, in cui non è adeguatamente tutelata l’iniziativa economica privata.

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