La meloncella sapore antico del Salento che risale a più di due secoli fa

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20 Ago 2018

La meloncella sapore antico del Salento che risale a più di due secoli fa

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di Lorena D’AnnunzioUNAPROA


Mare cristallino, spiagge bianche e incantevoli centri storici barocchi, l’estate salentina è speciale anche per la sua cucina tradizionale, ricca di fragranti friselle condite con olio d’oliva di frantoio, pomodori rossi e succosi e freschissime meloncelle.

Dal sapore delicato, croccanti, così ricche di acqua che, sin dall’800, i contadini pugliesi le portavano in campagna e usavano la loro polpa per dissetarsi e saziarsi rimanendo leggeri, le meloncelle sono una varietà di melone coltivato da secoli in Puglia, in particolare nell’area del Salento, nei territori di Nardò, Copertino, Leverano, Galatina e Taviano.

Pur appartenendo alla famiglia dei meloni (cucumis melo), da cui ha preso la forma tonda, la meloncella  detta anche “barattiere“, “peponcine“, “melongedde“, “paddotti“, “scattoni“, “cianciuffo” e in qualche caso anche “cocomerazzo” si consuma allo stato acerbo, perché tradizionalmente usata come ortaggio e non come frutto. Il suo gusto è un delicato mix tra melone e cetriolo, però a differenza di quest’ultimo, è molto più fresca e soprattutto non contiene la cucurbitacina, quella famosa sostanza che rende il cetriolo indigesto. Questa sua caratteristica unica la rende una verdura ideale per tutti, anche per i bambini.

La meloncella è anche molto apprezzata perché povera di zuccheri e di sodio, quindi si presta molto bene per le diete ipocaloriche e ipoglicemiche.

Cimentarsi nell’acquisto della meloncella per chi non ha l’occhio allenato non sarà proprio facile, in quanto si troverà nell’imbarazzo di scegliere tra tante varietà con forme colori e dimensioni assai diverse che vengono coltivate. Ve ne sono a buccia liscia di colore verde chiaro leggermente pelosa, altre a buccia rugosa di colore verde scuro e glabra e ancora, tra questi due estremi vi sono tutte le possibili variazioni.

Tale variabilità è dovuta al fatto che gli ecotipi si incrociano tra loro. Se le forme sono assai diverse il sapore comunque è simile. Le differenze con il cetriolo riguardano anche il modo in cui la pianta si sviluppa che, a differenza del cetriolo, è più contenuta e produce frutti solo per un breve periodo. In campagna, gli agricoltori salentini,  lo considerano di difficile coltivazione. Molto delicato prende facilmente il mal bianco, motivo per cui va coltivato con impegno. Se ben curato i risultati però sono soddisfacenti e ogni pianta produce un bel numero di frutti che sul mercato sono apprezzatissimi.

Quelli che potranno raccoglierli direttamente in campagna potranno consumarli seduta stante aprendoli con il coltello, o, in mancanza di questo, con il curioso sistema adottato dai contadini salentini. Questi li aprono sbattendoli sul ginocchio (da qui il nome “scattoni” forse per rumore che essi producevano quando, si rompevano sbattendoli sul ginocchio)

Il sapore fresco e succoso è un ristoro eccezionale contro al calura estiva. In casa invece l’utilizzo comporta la sbucciatura e l’eventuale allontanamento, necessario solo in alcune varietà, della parte centrale quando questa ha semi troppo sviluppati.

In insalata, in versione “acqua e sale” con pane raffermo appena bagnato e condito con pomodoro, rucola e capperi o in abbinamenti più ambiziosi, come con i gamberi crudi, la meloncella è uno di quei prodotti che non sono solo buonissimi e importanti per la nostra salute, ma rappresentano la testardaggine e l’impegno di agricoltori che scelgono di valorizzare il territorio attraverso il recupero di una coltivazione tradizionale.

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