Consumato fin dall’antichità e narrato nella mitologia greca, il carciofo è un ortaggio molto apprezzato, sia fresco che conservato.
Per il consumo fresco, si consiglia vivamente di acquistare i carciofi nell’effettivo periodo di produzione, ovvero da giugno ad ottobre, per poter scegliere un prodotto appena colto ed economico, nonché quasi sicuramente italiano. Il nostro Paese è, infatti, leader mondiale in termini di produzione di carciofo!
E per esser sicuri della freschezza del prodotto, seguite questi semplici accorgimenti quando acquistate, che sia in un supermercato, dal fruttivendolo, al mercato o direttamente dal produttore.
Le brattee esterne, impropriamente chiamate foglie, devono essere dure e lucide, che si spezzino facilmente, e in cima siano ben serrate l’una contro l’altra.
Bisogna fare attenzione che i carciofi siano sodi e senza macchie; il gambo duro e senza parti molli o ingiallite.
Se il gambo ha ancora le foglie attaccate, controllate che siano fresche.
Una volta a casa, se i carciofi hanno il gambo lungo, è possibile conservarli immersi nell’acqua proprio come i fiori.
Per mantenerne le qualità in frigorifero, rimuovete le foglie esterne più dure e il gambo, perché possono portare alla formazione di muffe, lavateli, asciugateli e riponeteli in un sacchetto di carta, avendo l’accortezza di forarlo.
I carciofi possono, inoltre, essere sbollentati in acqua con succo di limone e, una volta raffreddati, esser riposti in contenitori rigidi e congelati.
Quelli più piccoli e teneri possono essere conservati in barattolo, al naturale, sott’olio e anche sott’aceto.
Come per tutti gli altri alimenti, la lettura dell’etichetta fornisce indicazioni utili al consumatore, a cominciare dalla zona di produzione.
Il carciofo è un ortaggio appartenente alla stessa famiglia del cardo, come suggerisce anche il suo nome scientifico, Cynara cardunculus scolymus.
Si tratta di un ortaggio che, insieme al cardo domestico, deriva da un processo di selezione del cardo selvatico.
Il carciofo è una pianta erbacea perenne.
Il fusto è eretto, robusto, striato e fornito di foglie alterne: grandi, di colore verde-grigiastre nella parte superiore; più chiare e con presenza di peluria in quella inferiore; le foglie spinose sono tipiche di alcune varietà.
Tra le specie ortive più coltivate in Italia, il carciofo viene distinto in:
• “primaticcio”, coltivato soprattutto nel Sud d’Italia e nelle Isole,
• “tardivo”, principalmente nel Lazio e in Toscana.
Le varietà si distinguono in due gruppi principali:
• “spinosi” hanno capolini con brattee terminanti con una spina più o meno robusta
• “inermi” hanno invece brattee mutiche, ovvero tronche, senza estremità appuntite o spinose.
In base al colore del capolino si distingue fra varietà violette e verdi.
In base al comportamento nel ciclo fenologico, i carciofi si distinguono fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili o unifere.
Fra le varietà più famose si annoverano:
Brindisino,
“Paestum“,
Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d’Albenga)
Catanese,
Verde di Palermo,
Carciofo di Montelupone,
Mammola verde,
Romanesco,
Mazzaferrata di Cupello,
Violetto di Toscana,
Precoce di Chioggia,
Violetto di Provenza,
Violetto di Niscemi.
Il carciofo è ortaggio che richiede un clima mite e sufficientemente umido, per cui il suo ciclo normale è autunno-primaverile.
Risente, invece, delle temperature molto elevate per cui in estate va in riposo vegetativo.
Resiste bene fino alla temperatura di 0°C, al di sotto della quale, invece, rischia di vedere inflorescenze e foglie danneggiarsi.
Il carciofo ha bisogno di molta acqua, in parte soddisfatta dalla piovosità dell’epoca di coltivazione; nella coltura precoce estiva, però, è necessario intervenire con apporti artificiali.
In Italia si producono prevalentemente due varietà classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, come:
• varietà autunnali;
• varietà primaverili.
Al primo gruppo di varietà, dette anche rifiorenti, appartengono tipi la cui produzione si verifica a cavallo dell’inverno, con inizio ad ottobre-novembre, e, dopo una stasi invernale, continua in primavera fino a maggio.
Queste varietà, in generale, sono caratterizzate da un capolino medio-piccolo, del peso di circa 150-200 g.
Una parte consistente della produzione che appare dopo l’inverno viene destinata all’industria conserviera per la surgelazione e l’inscatolamento.
Le varietà primaverili sono coltivate nelle aree costiere dell’Italia centro-settentrionale e forniscono una produzione più o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno.
Questi carciofi rappresentano una produzione molto pregiata, hanno un capolino molto più grande dei rifiorenti che si presta anche per l’esportazione.
Le varietà primaverili si dividono in due grandi famiglie: i “Romaneschi” e i “Toscani“.
Il carciofo viene utilizzato molto anche dall’industria conserviera, per la produzione di “carciofi al naturale“, di “carciofini sott’olio” e di “carciofi surgelati“.
Per uso alimentare vengono utilizzati anche i carciofi teneri carducci, che, se sottoposti alla pratica della imbiancatura, prendono il nome di “gobbi“.
Notevole è il sottoprodotto di foglie della carciofaia, che costituisce un ottimo alimento fresco per gli animali.
Anche i residui della lavorazione industriale dei capolini hanno un impiego zootecnico, o vengono essiccate per preparare una farina di carciofo.
L’Italia detiene il primato mondiale nella produzione del carciofo (pari a circa il 30% con circa 500.000 tonnellate di prodotto annue).
Le zone di maggiore produzione sono la Sicilia (Piana di Gela e Piana di Catania), Sardegna, Puglia, Lazio e Campania.
Nel resto del mondo, la produzione di carciofo è diffusa in Spagna, Francia, Cina, Grecia, Marocco, Egitto, Algeria, Argentina, Stati Uniti d’America (California) e Perù.
Per ottenere il miglior gusto dal carciofo e non spendere una fortuna è consigliabile mangiare il carciofo nella loro effettiva fase di produzione, ovvero da ottobre a giugno, ricordando, al momento dell’acquisto, che esistono una varietà autunnale ed una primaverile.
Il carciofo ha pochissime calorie, è ricco di fibre e presenta una buona quantità di sali minerali (calcio, fosforo, magnesio, ferro e potassio) e di aminoacidi, scarse invece le vitamine.
Sono dotati di proprietà regolatrici dell’appetito, vantano un effetto diuretico e sono consigliati per risolvere problemi di colesterolo, diabete, ipertensione, sovrappeso e cellulite.
Sono anche molto apprezzati per le caratteristiche toniche e disintossicanti, per la capacità di stimolare il fegato, calmare la tosse e contribuire alla purificazione del sangue, fortificare il cuore, dissolvere i calcoli.
I carciofi contengono molto ferro grazie a due sostanze: la coloretina e la cinarina, presente in concentrazione massima durante la formazione del capolino, che è poi la parte della pianta che viene usata in cucina. Queste sostanze sono in grado di provocare un aumento del flusso biliare e della diuresi.
Da non sottovalutare è anche la funzione epatoprotettiva e antitossica dell’ortaggio, in particolare su alcune sostanze, tra cui l’alcol, la cui presenza nel sangue viene ridotta per l’effetto diuretico.
Gli studiosi hanno anche riscontrato proprietà rigeneratrici del parènchima epatico, oltre alla capacità di migliorare le funzioni secretive e motorie del tubo digerente, favorendo anche la peristalsi.
Alcune varietà di carciofo, come quella bardana ad esempio, è particolarmente apprezzata ed ha un effetto depurativo soprattutto per quanto riguarda la pelle, specialmente quella molto grassa, ma anche in caso di acne e foruncoli.
Il carciofo, infine, ha una forte capacità antiossidante data dai polifenoli che, come evidenziato in una ricerca pubblicata su “Nutrition and Cancer”, possono contrastare l’azione ossidativa dei radicali liberi e interferire con i processi molecolari degenerativi.
Le proprietà medicinali del carciofo ed il sapore amaricante degli estratti ne fanno una pianta di largo consumo nell’industria liquoristica e medicinale. In genere, per uso industriale, si utilizzano le piante a fine ciclo di produzione, in fase di essiccamento naturale.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Il carciofo è una pianta di origine mediterranea molto nota fin dall’antichità per i pregi organolettici del capolino: le prime descrizioni risalgono allo storico greco Teofrasto ma si pensa si consumasse comunemente già al tempo dell’antica civiltà egizia.
La mitologia greca narra la nascita del carciofo attraverso la leggenda di Cynara, una ninfa bellissima e cara a Zeus. Tanto bella quanto volubile e capricciosa, la giovane fece invaghire di sé Zeus che, geloso, la trasformò in ortaggio verde, spinoso ma dal cuore tenero; il colore verde ricorderebbe gli occhi di Cynara mentre le sue spine le tante pene che Zeus patì per gelosia.
Gli antichi romani apprezzavano il carciofo per il suo gusto “raffinato” che lo distingue dagli altri ortaggi; ci sono giunte testimonianze scritte sull’uso alimentare del carciofo da Plinio (Naturalis historia) e da Columella (De re rustica).
Secondo il botanico Montellucci, è da attribuire agli Etruschi l’opera di addomesticamento della coltivazione di questo ortaggio, tanto che raffigurazioni parietali di foglie di carciofo in alcune tombe della necropoli etrusca a Tarquinia ne fanno ipotizzare l’origine in tale periodo.
L’attuale nome volgare in molte lingue del mondo deriva dal neo-latino “articactus” (in alcuni dialetti settentrionali è chiamato articiocco); il nome italiano “carciofo” e lo spagnolo “alcachofa” derivano dall’arabo “harsciof“.
Consumato fin dall’antichità e narrato nella mitologia greca, il carciofo è un ortaggio molto apprezzato, sia fresco che conservato.
Per il consumo fresco, si consiglia vivamente di acquistare i carciofi nell’effettivo periodo di produzione, ovvero da giugno ad ottobre, per poter scegliere un prodotto appena colto ed economico, nonché quasi sicuramente italiano. Il nostro Paese è, infatti, leader mondiale in termini di produzione di carciofo!
E per esser sicuri della freschezza del prodotto, seguite questi semplici accorgimenti quando acquistate, che sia in un supermercato, dal fruttivendolo, al mercato o direttamente dal produttore.
Le brattee esterne, impropriamente chiamate foglie, devono essere dure e lucide, che si spezzino facilmente, e in cima siano ben serrate l’una contro l’altra.
Bisogna fare attenzione che i carciofi siano sodi e senza macchie; il gambo duro e senza parti molli o ingiallite.
Se il gambo ha ancora le foglie attaccate, controllate che siano fresche.
Una volta a casa, se i carciofi hanno il gambo lungo, è possibile conservarli immersi nell’acqua proprio come i fiori.
Per mantenerne le qualità in frigorifero, rimuovete le foglie esterne più dure e il gambo, perché possono portare alla formazione di muffe, lavateli, asciugateli e riponeteli in un sacchetto di carta, avendo l’accortezza di forarlo.
I carciofi possono, inoltre, essere sbollentati in acqua con succo di limone e, una volta raffreddati, esser riposti in contenitori rigidi e congelati.
Quelli più piccoli e teneri possono essere conservati in barattolo, al naturale, sott’olio e anche sott’aceto.
Come per tutti gli altri alimenti, la lettura dell’etichetta fornisce indicazioni utili al consumatore, a cominciare dalla zona di produzione.
Il carciofo è un ortaggio appartenente alla stessa famiglia del cardo, come suggerisce anche il suo nome scientifico, Cynara cardunculus scolymus.
Si tratta di un ortaggio che, insieme al cardo domestico, deriva da un processo di selezione del cardo selvatico.
Il carciofo è una pianta erbacea perenne.
Il fusto è eretto, robusto, striato e fornito di foglie alterne: grandi, di colore verde-grigiastre nella parte superiore; più chiare e con presenza di peluria in quella inferiore; le foglie spinose sono tipiche di alcune varietà.
Tra le specie ortive più coltivate in Italia, il carciofo viene distinto in:
• “primaticcio”, coltivato soprattutto nel Sud d’Italia e nelle Isole,
• “tardivo”, principalmente nel Lazio e in Toscana.
Le varietà si distinguono in due gruppi principali:
• “spinosi” hanno capolini con brattee terminanti con una spina più o meno robusta
• “inermi” hanno invece brattee mutiche, ovvero tronche, senza estremità appuntite o spinose.
In base al colore del capolino si distingue fra varietà violette e verdi.
In base al comportamento nel ciclo fenologico, i carciofi si distinguono fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili o unifere.
Fra le varietà più famose si annoverano:
Brindisino,
“Paestum“,
Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d’Albenga)
Catanese,
Verde di Palermo,
Carciofo di Montelupone,
Mammola verde,
Romanesco,
Mazzaferrata di Cupello,
Violetto di Toscana,
Precoce di Chioggia,
Violetto di Provenza,
Violetto di Niscemi.
Il carciofo è ortaggio che richiede un clima mite e sufficientemente umido, per cui il suo ciclo normale è autunno-primaverile.
Risente, invece, delle temperature molto elevate per cui in estate va in riposo vegetativo.
Resiste bene fino alla temperatura di 0°C, al di sotto della quale, invece, rischia di vedere inflorescenze e foglie danneggiarsi.
Il carciofo ha bisogno di molta acqua, in parte soddisfatta dalla piovosità dell’epoca di coltivazione; nella coltura precoce estiva, però, è necessario intervenire con apporti artificiali.
In Italia si producono prevalentemente due varietà classificate, in base alle caratteristiche agronomico-commerciali, come:
• varietà autunnali;
• varietà primaverili.
Al primo gruppo di varietà, dette anche rifiorenti, appartengono tipi la cui produzione si verifica a cavallo dell’inverno, con inizio ad ottobre-novembre, e, dopo una stasi invernale, continua in primavera fino a maggio.
Queste varietà, in generale, sono caratterizzate da un capolino medio-piccolo, del peso di circa 150-200 g.
Una parte consistente della produzione che appare dopo l’inverno viene destinata all’industria conserviera per la surgelazione e l’inscatolamento.
Le varietà primaverili sono coltivate nelle aree costiere dell’Italia centro-settentrionale e forniscono una produzione più o meno precoce che può durare da febbraio-marzo fino a maggio-giugno.
Questi carciofi rappresentano una produzione molto pregiata, hanno un capolino molto più grande dei rifiorenti che si presta anche per l’esportazione.
Le varietà primaverili si dividono in due grandi famiglie: i “Romaneschi” e i “Toscani“.
Il carciofo viene utilizzato molto anche dall’industria conserviera, per la produzione di “carciofi al naturale“, di “carciofini sott’olio” e di “carciofi surgelati“.
Per uso alimentare vengono utilizzati anche i carciofi teneri carducci, che, se sottoposti alla pratica della imbiancatura, prendono il nome di “gobbi“.
Notevole è il sottoprodotto di foglie della carciofaia, che costituisce un ottimo alimento fresco per gli animali.
Anche i residui della lavorazione industriale dei capolini hanno un impiego zootecnico, o vengono essiccate per preparare una farina di carciofo.
L’Italia detiene il primato mondiale nella produzione del carciofo (pari a circa il 30% con circa 500.000 tonnellate di prodotto annue).
Le zone di maggiore produzione sono la Sicilia (Piana di Gela e Piana di Catania), Sardegna, Puglia, Lazio e Campania.
Nel resto del mondo, la produzione di carciofo è diffusa in Spagna, Francia, Cina, Grecia, Marocco, Egitto, Algeria, Argentina, Stati Uniti d’America (California) e Perù.
Per ottenere il miglior gusto dal carciofo e non spendere una fortuna è consigliabile mangiare il carciofo nella loro effettiva fase di produzione, ovvero da ottobre a giugno, ricordando, al momento dell’acquisto, che esistono una varietà autunnale ed una primaverile.
Il carciofo ha pochissime calorie, è ricco di fibre e presenta una buona quantità di sali minerali (calcio, fosforo, magnesio, ferro e potassio) e di aminoacidi, scarse invece le vitamine.
Sono dotati di proprietà regolatrici dell’appetito, vantano un effetto diuretico e sono consigliati per risolvere problemi di colesterolo, diabete, ipertensione, sovrappeso e cellulite.
Sono anche molto apprezzati per le caratteristiche toniche e disintossicanti, per la capacità di stimolare il fegato, calmare la tosse e contribuire alla purificazione del sangue, fortificare il cuore, dissolvere i calcoli.
I carciofi contengono molto ferro grazie a due sostanze: la coloretina e la cinarina, presente in concentrazione massima durante la formazione del capolino, che è poi la parte della pianta che viene usata in cucina. Queste sostanze sono in grado di provocare un aumento del flusso biliare e della diuresi.
Da non sottovalutare è anche la funzione epatoprotettiva e antitossica dell’ortaggio, in particolare su alcune sostanze, tra cui l’alcol, la cui presenza nel sangue viene ridotta per l’effetto diuretico.
Gli studiosi hanno anche riscontrato proprietà rigeneratrici del parènchima epatico, oltre alla capacità di migliorare le funzioni secretive e motorie del tubo digerente, favorendo anche la peristalsi.
Alcune varietà di carciofo, come quella bardana ad esempio, è particolarmente apprezzata ed ha un effetto depurativo soprattutto per quanto riguarda la pelle, specialmente quella molto grassa, ma anche in caso di acne e foruncoli.
Il carciofo, infine, ha una forte capacità antiossidante data dai polifenoli che, come evidenziato in una ricerca pubblicata su “Nutrition and Cancer”, possono contrastare l’azione ossidativa dei radicali liberi e interferire con i processi molecolari degenerativi.
Le proprietà medicinali del carciofo ed il sapore amaricante degli estratti ne fanno una pianta di largo consumo nell’industria liquoristica e medicinale. In genere, per uso industriale, si utilizzano le piante a fine ciclo di produzione, in fase di essiccamento naturale.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Il carciofo è una pianta di origine mediterranea molto nota fin dall’antichità per i pregi organolettici del capolino: le prime descrizioni risalgono allo storico greco Teofrasto ma si pensa si consumasse comunemente già al tempo dell’antica civiltà egizia.
La mitologia greca narra la nascita del carciofo attraverso la leggenda di Cynara, una ninfa bellissima e cara a Zeus. Tanto bella quanto volubile e capricciosa, la giovane fece invaghire di sé Zeus che, geloso, la trasformò in ortaggio verde, spinoso ma dal cuore tenero; il colore verde ricorderebbe gli occhi di Cynara mentre le sue spine le tante pene che Zeus patì per gelosia.
Gli antichi romani apprezzavano il carciofo per il suo gusto “raffinato” che lo distingue dagli altri ortaggi; ci sono giunte testimonianze scritte sull’uso alimentare del carciofo da Plinio (Naturalis historia) e da Columella (De re rustica).
Secondo il botanico Montellucci, è da attribuire agli Etruschi l’opera di addomesticamento della coltivazione di questo ortaggio, tanto che raffigurazioni parietali di foglie di carciofo in alcune tombe della necropoli etrusca a Tarquinia ne fanno ipotizzare l’origine in tale periodo.
L’attuale nome volgare in molte lingue del mondo deriva dal neo-latino “articactus” (in alcuni dialetti settentrionali è chiamato articiocco); il nome italiano “carciofo” e lo spagnolo “alcachofa” derivano dall’arabo “harsciof“.