Preferite il maschio o la femmina?
Se la domanda vi sembra inappropriata parlando di finocchi, sappiate invece che la risposta porterà sulle vostre tavole sapori leggermente differenti.
Pur trattandosi di una distinzione non scientifica ma puramente convenzionale, il maschio si riconosce per la forma più tondeggiante rispetto a quella della femmina, più allungata.
Il primo ha le foglie, ovvero guanine, la parte commestibile del finocchio, carnose e questo lo rende più adatto al consumo crudo.
Le foglie della femmina sono invece fibrose e per questo è preferibile cuocerle prima di consumarle, magari al gratin.
L’Italia è il primo produttore europeo di finocchio, oltre che il maggiore consumatore mediterraneo, per cui è preferibile assicurarsi che la provenienza sia italiana per garantirsi freschezza e convenienza.
Quando acquistate dai fruttivendoli, nei marcati rionali o nella grande distribuzione, leggete l’etichetta per assicurarvi l’origine.
Nei mercati contadini, la provenienza è certificata dall’agricoltore stesso, produttore delle merce che mette in vendita.
Per garantirvi un prodotto fresco, inoltre, provate a soppesare il prodotto.
Il finocchio contiene una elevata percentuale di acqua, che si asciuga nel tempo: più l’ortaggio è pesante, maggiore è la quantità di acqua che contiene e quindi più sarà fresco.
Quando acquistate i finocchi, poi, osservateli: il grumolo, così si chiama il gruppo di foglie bianche che compongono il finocchio, deve risultare liscio, di un bianco lucido e compatto, privo di macchie marroni o ammaccature.
Per la conservazione del finocchio:
• se riposti in frigorifero si mantengono una decina di giorni;
• una volta tagliati a spicchi, per evitare che anneriscano, riponeteli in frigorifero immergendoli in acqua e limone per al massimo 3 o 4 giorni;
• si possono anche surgelare, dopo averli sbollentati a spicchi, lasciandoli coperti con l’acqua di cottura.
In cucina, il finocchio è un ortaggio anche molto versatile, di cui si possono usare tutte le parti:
• il “bulbo” si può mangiare crudo nelle insalate oppure lessato e gratinato e si può aggiungere agli stufati;
• i “fiori” si usano per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale;
• i “semi”, in realtà frutti, si usano per aromatizzare ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane;
• le “foglie” fresche e sminuzzate insaporiscono minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi.
Il finocchio è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Apiaceae (Umbrelliferae).
Del finocchio coltivato, quello che abitualmente mangiamo, si distinguono 3 specie fondamentali:
• il finocchio domestico o comune, coltivato per la produzione dei semi fortemente aromatici, utilizzati per condimento e per distillazione;
• il finocchio dolce, il vero ortaggio coltivato per il grumolo, che comprende le varietà di maggiore importanza commerciale;
• il finocchio arancino o cedrato, che si coltiva generalmente per utilizzarne le infiorescenze come condimento, specialmente nell’industria conserviera.
I finocchi coltivati possono essere ascritti alle varietà finocchio nostrale, prevalentemente diffuso nell’Italia centro-settentrionale:
Dolce di Firenze,
di Chioggia,
di Lecce,
di Bologna,
il Parmigiano,
il Mantovano e
il Romanesco.
Il finocchio grosso d’Italia viene estesamente coltivato al Sud:
Tondo pugliese o di Barletta,
Tondo di Sicilia (di Palermo, di Messina),
il grossissimo di Napoli e di Reggio Calabria.
La coltivazione del finocchio richiede frequenti e abbondanti irrigazioni, in climi temperati di tipo mediterraneo.
Durante il ciclo vegetativo necessita di temperature non troppo basse e per questo le condizioni migliori di coltivazione si hanno lungo i litorali, sia in collina che in piano.
In terreni molto compatti, il grumolo tende a svilupparsi fuori terra, andando incontro a grave deprezzamento perché in tali condizioni inverdisce e sviluppa germogli tra le guanine.
La raccolta dei grumoli avviene in tutte le stagioni, secondo le zone di produzione: in genere a 90 giorni dalla semina.
La raccolta del fiore del finocchio selvatico avviene in Italia appena il fiore dischiude, ovvero normalmente a partire dalla metà d’agosto fino a settembre inoltrato.
Il fiore si può usare fresco oppure seccato (all’ombra).
I frutti dati da diacheni si possono raccogliere all’inizio dell’autunno.
L’Italia rappresenta circa il 92% circa della produzione continentale, con una produzione annua che si aggira sulle 480.000 t.
La produzione è sostanzialmente ottenuta su quasi tutto il territorio italiano, ma in maggior misura dalle regioni Puglia, Campania, Lazio, Sicilia, Marche, Abruzzo, Calabria ed Emilia-Romagna.
Altri paesi produttori sono Spagna, Francia, Olanda, Germania e USA.
Il finocchio è disponibile praticamente tutto l’anno, considerando che viene prodotto per l’interna annualità in ambiente protetto.
La coltivazione in campo è diffusa per lo più da ottobre ad aprile, motivo per cui si considera ortaggio per lo più invernale.
Il finocchio è uno degli ortaggi meno calorici in circolazione, poiché senza lipidi e amidi, ma ricco di acqua e di oli essenziali.
Ha proprietà diuretiche, carminative, aromatiche, antispasmodiche, antinfiammatorie, epatiche ed emmenagoghe, ovvero stimola la mestruazione.
Grazie alla sua abilità di stimolare l’appetito e la secrezione gastrica, dovuta all’azione dell’olio volatile e di altri principi aromatici, da sempre è utilizzato da chi presenta difficoltà digestive, aerofagia, vomito.
Da tali proprietà deriva anche il consumo del finocchio da parte delle donne nel periodo dell’allattamento per ridurre le coliche d’aria nei bambini; d’altra parte, anche tra gli adulti è molto diffuso il consumo di tisane di semi di finocchio per ridurre i gonfiori addominali.
Molto importante è il contenuto in sostanze estrogeniche naturali, i flavonoidi o fitoestrogeni, che, pur essendo presenti in quantità limitata, sviluppano ugualmente la loro attività. Attenua la sindrome premestruale e molti dei problemi legati alla menopausa.
I fitoestrogeni proteggono anche il seno dall’attacco di eccesso di estrogeni che possono essere dannosi. Sempre grazie alla presenza di fitoestrogeni, aumenta il latte nelle donne che hanno appena partorito.
L’infuso può essere usato come sciacquo per gli occhi o compressa per occhi per curare le congiuntiviti e le infiammazioni delle palpebre (blefarite).
Similmente all’anice, ha effetto calmante su bronchite e tosse.
In effetti è anche un addolcente per tutti gli sciroppi preparati a questo scopo.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Conoscerete sicuramente il significato dell’espressione “farsi infinocchiare”, ma sapete da cosa deriva?
Ecco la risposta.
Il forte sapore del finocchio selvatico veniva utilizzato per coprire eventuali sapori indesiderati.
I cantinieri offrivano agli acquirenti del vino custodito nelle botti spicchi di finocchio per far sì che le numerose sostanze aromatiche in esso presenti rendessero gustoso anche il vino più scadente.
Il finocchio è originario dell’Asia Minore e delle regioni mediterranee.
E rimanendo in materia di etimologia, il nome scientifico “foeniculum” deriva dal latino “foenum” ovvero fieno, per sottolineare la somiglianza delle sue foglie con quelle della graminacea.
L’aggettivo “officinalis” si riferisce ai numerosi usi del prodotto nella farmacopea tradizionale.
La varietà “dulce” deve l’appellativo alla caratteristiche del grumulo commestibile.
Il termine “finocchio”, utilizzato spregiativamente per denotare un uomo con atteggiamenti femminili e successivamente per indicare genericamente gli omosessuali, risale secondo alcuni studiosi al Medioevo.
Sembra infatti che la Santa Inquisizione, nel mettere al rogo i presunti colpevoli sia di stregoneria che di omosessualità, aggiungesse una fascina di finocchio selvatico per purificare le carni di costoro.
Tale versione, però, non è unanimemente condivisa e molti la considerano semplicemente una leggenda priva di fondamento, derivando l’uso in tal senso della parola finocchio dal fatto che il termine, originariamente, indicava qualcosa di scarso valore, assumendo più tardi il significato di “persona di poco valore, spregevole”.
Preferite il maschio o la femmina?
Se la domanda vi sembra inappropriata parlando di finocchi, sappiate invece che la risposta porterà sulle vostre tavole sapori leggermente differenti.
Pur trattandosi di una distinzione non scientifica ma puramente convenzionale, il maschio si riconosce per la forma più tondeggiante rispetto a quella della femmina, più allungata.
Il primo ha le foglie, ovvero guanine, la parte commestibile del finocchio, carnose e questo lo rende più adatto al consumo crudo.
Le foglie della femmina sono invece fibrose e per questo è preferibile cuocerle prima di consumarle, magari al gratin.
L’Italia è il primo produttore europeo di finocchio, oltre che il maggiore consumatore mediterraneo, per cui è preferibile assicurarsi che la provenienza sia italiana per garantirsi freschezza e convenienza.
Quando acquistate dai fruttivendoli, nei marcati rionali o nella grande distribuzione, leggete l’etichetta per assicurarvi l’origine.
Nei mercati contadini, la provenienza è certificata dall’agricoltore stesso, produttore delle merce che mette in vendita.
Per garantirvi un prodotto fresco, inoltre, provate a soppesare il prodotto.
Il finocchio contiene una elevata percentuale di acqua, che si asciuga nel tempo: più l’ortaggio è pesante, maggiore è la quantità di acqua che contiene e quindi più sarà fresco.
Quando acquistate i finocchi, poi, osservateli: il grumolo, così si chiama il gruppo di foglie bianche che compongono il finocchio, deve risultare liscio, di un bianco lucido e compatto, privo di macchie marroni o ammaccature.
Per la conservazione del finocchio:
• se riposti in frigorifero si mantengono una decina di giorni;
• una volta tagliati a spicchi, per evitare che anneriscano, riponeteli in frigorifero immergendoli in acqua e limone per al massimo 3 o 4 giorni;
• si possono anche surgelare, dopo averli sbollentati a spicchi, lasciandoli coperti con l’acqua di cottura.
In cucina, il finocchio è un ortaggio anche molto versatile, di cui si possono usare tutte le parti:
• il “bulbo” si può mangiare crudo nelle insalate oppure lessato e gratinato e si può aggiungere agli stufati;
• i “fiori” si usano per aromatizzare le castagne bollite, i funghi al forno o in padella, le olive in salamoia e le carni di maiale;
• i “semi”, in realtà frutti, si usano per aromatizzare ciambelle o altri dolci casalinghi e per speziare vino caldo o tisane;
• le “foglie” fresche e sminuzzate insaporiscono minestre, piatti di pesce, insalate e formaggi.
Il finocchio è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Apiaceae (Umbrelliferae).
Del finocchio coltivato, quello che abitualmente mangiamo, si distinguono 3 specie fondamentali:
• il finocchio domestico o comune, coltivato per la produzione dei semi fortemente aromatici, utilizzati per condimento e per distillazione;
• il finocchio dolce, il vero ortaggio coltivato per il grumolo, che comprende le varietà di maggiore importanza commerciale;
• il finocchio arancino o cedrato, che si coltiva generalmente per utilizzarne le infiorescenze come condimento, specialmente nell’industria conserviera.
I finocchi coltivati possono essere ascritti alle varietà finocchio nostrale, prevalentemente diffuso nell’Italia centro-settentrionale:
Dolce di Firenze,
di Chioggia,
di Lecce,
di Bologna,
il Parmigiano,
il Mantovano e
il Romanesco.
Il finocchio grosso d’Italia viene estesamente coltivato al Sud:
Tondo pugliese o di Barletta,
Tondo di Sicilia (di Palermo, di Messina),
il grossissimo di Napoli e di Reggio Calabria.
La coltivazione del finocchio richiede frequenti e abbondanti irrigazioni, in climi temperati di tipo mediterraneo.
Durante il ciclo vegetativo necessita di temperature non troppo basse e per questo le condizioni migliori di coltivazione si hanno lungo i litorali, sia in collina che in piano.
In terreni molto compatti, il grumolo tende a svilupparsi fuori terra, andando incontro a grave deprezzamento perché in tali condizioni inverdisce e sviluppa germogli tra le guanine.
La raccolta dei grumoli avviene in tutte le stagioni, secondo le zone di produzione: in genere a 90 giorni dalla semina.
La raccolta del fiore del finocchio selvatico avviene in Italia appena il fiore dischiude, ovvero normalmente a partire dalla metà d’agosto fino a settembre inoltrato.
Il fiore si può usare fresco oppure seccato (all’ombra).
I frutti dati da diacheni si possono raccogliere all’inizio dell’autunno.
L’Italia rappresenta circa il 92% circa della produzione continentale, con una produzione annua che si aggira sulle 480.000 t.
La produzione è sostanzialmente ottenuta su quasi tutto il territorio italiano, ma in maggior misura dalle regioni Puglia, Campania, Lazio, Sicilia, Marche, Abruzzo, Calabria ed Emilia-Romagna.
Altri paesi produttori sono Spagna, Francia, Olanda, Germania e USA.
Il finocchio è disponibile praticamente tutto l’anno, considerando che viene prodotto per l’interna annualità in ambiente protetto.
La coltivazione in campo è diffusa per lo più da ottobre ad aprile, motivo per cui si considera ortaggio per lo più invernale.
Il finocchio è uno degli ortaggi meno calorici in circolazione, poiché senza lipidi e amidi, ma ricco di acqua e di oli essenziali.
Ha proprietà diuretiche, carminative, aromatiche, antispasmodiche, antinfiammatorie, epatiche ed emmenagoghe, ovvero stimola la mestruazione.
Grazie alla sua abilità di stimolare l’appetito e la secrezione gastrica, dovuta all’azione dell’olio volatile e di altri principi aromatici, da sempre è utilizzato da chi presenta difficoltà digestive, aerofagia, vomito.
Da tali proprietà deriva anche il consumo del finocchio da parte delle donne nel periodo dell’allattamento per ridurre le coliche d’aria nei bambini; d’altra parte, anche tra gli adulti è molto diffuso il consumo di tisane di semi di finocchio per ridurre i gonfiori addominali.
Molto importante è il contenuto in sostanze estrogeniche naturali, i flavonoidi o fitoestrogeni, che, pur essendo presenti in quantità limitata, sviluppano ugualmente la loro attività. Attenua la sindrome premestruale e molti dei problemi legati alla menopausa.
I fitoestrogeni proteggono anche il seno dall’attacco di eccesso di estrogeni che possono essere dannosi. Sempre grazie alla presenza di fitoestrogeni, aumenta il latte nelle donne che hanno appena partorito.
L’infuso può essere usato come sciacquo per gli occhi o compressa per occhi per curare le congiuntiviti e le infiammazioni delle palpebre (blefarite).
Similmente all’anice, ha effetto calmante su bronchite e tosse.
In effetti è anche un addolcente per tutti gli sciroppi preparati a questo scopo.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Conoscerete sicuramente il significato dell’espressione “farsi infinocchiare”, ma sapete da cosa deriva?
Ecco la risposta.
Il forte sapore del finocchio selvatico veniva utilizzato per coprire eventuali sapori indesiderati.
I cantinieri offrivano agli acquirenti del vino custodito nelle botti spicchi di finocchio per far sì che le numerose sostanze aromatiche in esso presenti rendessero gustoso anche il vino più scadente.
Il finocchio è originario dell’Asia Minore e delle regioni mediterranee.
E rimanendo in materia di etimologia, il nome scientifico “foeniculum” deriva dal latino “foenum” ovvero fieno, per sottolineare la somiglianza delle sue foglie con quelle della graminacea.
L’aggettivo “officinalis” si riferisce ai numerosi usi del prodotto nella farmacopea tradizionale.
La varietà “dulce” deve l’appellativo alla caratteristiche del grumulo commestibile.
Il termine “finocchio”, utilizzato spregiativamente per denotare un uomo con atteggiamenti femminili e successivamente per indicare genericamente gli omosessuali, risale secondo alcuni studiosi al Medioevo.
Sembra infatti che la Santa Inquisizione, nel mettere al rogo i presunti colpevoli sia di stregoneria che di omosessualità, aggiungesse una fascina di finocchio selvatico per purificare le carni di costoro.
Tale versione, però, non è unanimemente condivisa e molti la considerano semplicemente una leggenda priva di fondamento, derivando l’uso in tal senso della parola finocchio dal fatto che il termine, originariamente, indicava qualcosa di scarso valore, assumendo più tardi il significato di “persona di poco valore, spregevole”.