Che sia tondo o allungato, rosso o bianco, tardivo o precoce, anche per il radicchio è importante conoscerne caratteristiche, provenienza e stagionalità per esser certi di portare in tavola l’alimento che dà il meglio di sé in fatto di sapore e genuinità.
Il radicchio appartiene, come meglio descritto qui, alla famiglia delle cicorie e indica, nel comune sentire, la varietà a foglia rossa o variegata.
Con caratteristiche fisiche e gustosità differenti.
Quando lo acquistate, quindi, che sia in un mercato contadino, in un supermercato, dal fruttivendolo o al mercato rionale, leggete in etichetta a quale varietà appartiene: forma e sapore risulteranno, infatti, differenti.
Il radicchio di Treviso IGP tardivo, per esempio, si riconosce per le sue foglie lanceolate, avvolgenti, quasi chiuse in se stesse, a margine sinuoso, allungate, con nervatura bianca, di colore rosso intenso che diventa quasi violaceo quando si abbassa la temperatura.
Il radicchio di Treviso IGP precoce, invece, ha foglie allungate ma più ampie, caratterizzate da una nervatura bianca principale che si dirama in piccole nervature.
Il tardivo ha una consistenza molto più croccante del precoce che, invece, ha un sapore più amarognolo.
Il variegato di Castelfranco Veneto IGP, incrocio tra il rosso di Treviso e la scarola, ha un aspetto molto diverso: ha foglie di colore bianco-crema interrotto da striature di tinte diverse, dal viola chiaro al rosso vivo.
Questa tipologia di radicchio, nota anche come “la rosa che si mangia”, va acquistata controllando che i cespi siano bene aperti, esattamente come una rosa.
Il radicchio di Verona IGP si presenta più tondeggiante: le foglie ovali, piegate a cucchiaio, con una caratteristica colorazione rosso scuro brillante, addossandosi l’una all’altra formano un grumolo compatto di forma tondo-ovale.
Rispetto agli altri radicchi, ha un sapore meno amarognolo.
Il radicchio di Chioggia IGP è il più tondeggiante, con foglie grandi che, avvolte le une sulle altre, danno vita ad un grumolo di forma sferica molto compatto.
Il radicchio bianco di Lusia ha foglie tondeggianti, ma di un colore che va dal bianco al verde chiaro brillante, con screziature rossastre; si presenta con germoglio centrale semi serrato e foglie esterne più aperte.
Pur essendo una cicoria, il radicchio è spesso trattato come “insalata”.
Viene consumato tal quale finché mantiene la croccantezza e la gustosità del prodotto fresco, aggiungendo semplicemente dell’olio extra vergine di oliva, qualche goccia di buon aceto, in cui si sarà fatto sciogliere un pizzico di sale, e con un po’ di pepe macinato al momento.
In alternativa, il radicchio viene cucinato ai ferri, con la pancetta affumicata (radicio fumegà come viene definito nel dialetto locale veneto) oppure cotto nel famoso risotto che fa parte del menu tradizionale trevisano.
Per conservare i radicchi è importante tenere sempre le loro foglie ben fresche.
Il tardivo può essere conservato infilandolo per la radice in un vaso alto e stretto pieno d’acqua, proprio come si fa con i bouquet di fiori.
Il valore nutritivo del radicchio si mantiene dopo la raccolta finché permangono turgidità e croccantezza proprie del prodotto fresco che, mediante la refrigerazione in condizioni di elevata umidità, può arrivare a 2 o 3 settimane.
Il radicchio può essere conservato anche sott’olio.
Prima bisogna lavarlo, tagliarlo a spicchi e far bollire con aceto, vino e sale per 5 minuti. Va asciugato su un canovaccio e poi messo in un vaso da conserve.
Quindi, va coperto con olio fino al bordo del vaso, con aggiunta di pepe nero ed una foglia di alloro.
Il radicchio si presta a particolari elaborazioni che ne preservano le caratteristiche uniche di sapore come le confetture, ottime nell’accompagnamento dei formaggi stagionati, perfino quale amaro digestivo.
I radicchi sono un particolare tipo di cicoria, Cichorium intybus L., appartenente alla famiglia delle Asteraceae, sottoposti a coltura forzata al fine di rendere le foglie più tenere, bianche e delicate.
A seguito di un processo denominato “forzatura”, le piante ottengono quella particolare colorazione rosso porpora che ne costituisce il principale appeal.
I radicchi hanno una radice a fittone (una sorta di cono allungato) più o meno ingrossata e una rosetta di foglie alla base, di forma e lunghezza variabili in relazione al tipo di varietà e alle condizioni ambientali.
Attualmente vengono coltivate sei diverse varietà di radicchio, tutte derivate da un progenitore di Treviso.
La pianta del radicchio non nasce di colore rosso.
È il trattamento denominato forzatura che ne determina tale colorazione.
Esso consiste nel trasferire le piante in ambienti privi di luce, in modo da inibire la fotosintesi clorofilliana e far perdere alle foglie le tonalità del verde.
Le piante, in tale fase, vengono poste in apposite vasche in cui l’acqua bagna le radici ma non le foglie.
In Italia, la regione a maggior vocazione è sicuramente il Veneto.
Nei Paesi europei la coltivazione di radicchio si effettua in Germania, Francia Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Spagna e Grecia.
Fuori dall’Europa, sono produttori anche Stati Uniti, Cile, Canada, Messico, Cina e Argentina.
A seconda della varietà che si acquista, i radicchi hanno una differente stagionalità.
Il precoce è disponibile da settembre a novembre mentre il tardivo da novembre fino alla primavera.
Acquistarlo in momenti diversi dell’anno significa, generalmente, scegliere un radicchio prodotto in serra e non in pieno campo.
I radicchi, come tutte le insalate, sono ricche di acqua (fino al 95%) e apportano poche calorie.
Tra i nutrienti energetici risultano qualitativamente importanti le proteine, di elevato valore biologico (nonostante la matrice vegetale), e i grassi per il loro contenuto in acidi grassi essenziali della serie omega-6 (acido linoleico e linolenico).
Molto interessante è inoltre il contenuto in micronutrienti: vitamine idrosolubili (B1, B2, C, folati) e caroteni (precursori della vitamina A), sali minerali (calcio, fosforo, ferro, magnesio), fibra (in prevalenza quella insolubile) e molecole bioattive (clorofilla, polifenoli, fitosteroli, ecc.) che, oltre a esercitare attività protettive, conferiscono a questi cibi particolare sapore e colore rendendoli gustosi e appetibili.
La peculiarità dei radicchi rossi consiste sia nel buon contenuto in fibra solubile (specie della radice) sia nelle sostanze che conferiscono il colore rosso: le antocianine.
Queste molecole, oltre a rendere questo alimento ben accetto alla vista e al palato, gli consentono di definirsi “funzionale”, cioè non solo nutriente, ma anche protettivo e quindi utile al mantenimento dello stato di salute.
Le antocianine esercitano una funzione protettiva all’interno del nostro organismo nei confronti dei radicali e degli agenti ossidanti, che sono all’origine dell’invecchiamento cellulare.
Tali molecole, essendo capaci di esercitare un’azione antiproliferativa, antiaggregante, antinfiammatoria e antibiotica, rendono i radicchi un alimento molto importante nella prevenzione primaria di diffuse patologie come il cancro e le malattie cardiovascolari su base aterosclerotica.
Il caratteristico sapore amarognolo del radicchio rosso e delle cicorie è da imputare alla presenza di una particolare classe di composti: i guaianolidi.
Queste molecole sono dotate di svariate proprietà, tra le quali spiccano l’attività antinfiammatoria, vasoprotettiva e l’azione coleretica, i cui effetti depurativi ed epatoprotettivi possono rivelarsi utili per contrastare gli effetti di diete ricche di grassi, in stati di lieve ipercolesterolemia o, semplicemente, per facilitare la digestione.
Per quanto riguarda la fibra, i radicchi rossi ne contengono una quantità decisamente maggiore rispetto alle altre insalate e con una buona percentuale di quella solubile (inulina, specie nella radice), che è particolarmente indicata sia per la sua azione ipoglicemizzante, rallentando l’assorbimento del glucosio, sia come equilibratore della flora intestinale, essendo un ottimo substrato “prebiotico” nei confronti dei bifidobatteri.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Le piante delle diverse tipologie di Cichorium intybus L. sembrano provenire dall’Asia sudoccidentale.
Tra le piante coltivate, le cicorie sono forse quelle che hanno maggiormente beneficiato del miglioramento apportato da incroci naturali, selezioni e tecniche colturali messe in atto da generazioni di agricoltori.
La coltivazione del radicchio di Treviso probabilmente ebbe inizio nel XVI secolo, a Dosson, frazione del comune di Casier (TV).
Successivamente, intorno al Settecento, fu costituito il variegato di Castelfranco, mediante incroci con scarola.
Si pensa che l’agronomo belga Francesco Van den Borre abbia contribuito a mettere a punto la tecnica della forzatura, nel 1860, sottoponendo una cicoria da fiore trovata nel parco di Villa Albrizzi di Preganziol al procedimento già parzialmente usato nei Paesi Bassi.
Un altro benemerito è l’agronomo Giuseppe Benzi, che si adoperò per l’istituzione della prima mostra del radicchio di Treviso, avvenuta il 20 dicembre 1900 e tuttora in vigore.
Nel 1930 fu ottenuto per selezione il variegato di Chioggia, nel 1940 il bianco di Lusia, con foglie tutte dal colore di fondo giallo-crema (quelle interne mostrano leggere screziature violacee, quelle esterne ne sono quasi prive), e nel 1965-70 il rosso di Treviso precoce.
Per ultimo, alla fine degli anni ’80, è stato ottenuto il bianco di Chioggia.
La radice, oltre a essere utilizzata per la produzione delle cicorie e dei radicchi forzati, veniva anche arrostita, macinata e impiegata come surrogato del caffè, sia perché possedeva un gusto gradevole, sia perché era priva di caffeina. Tale uso era ampiamente diffuso durante la Seconda Guerra Mondiale, quando era impossibile l’importazione del caffè.
Che sia tondo o allungato, rosso o bianco, tardivo o precoce, anche per il radicchio è importante conoscerne caratteristiche, provenienza e stagionalità per esser certi di portare in tavola l’alimento che dà il meglio di sé in fatto di sapore e genuinità.
Il radicchio appartiene, come meglio descritto qui, alla famiglia delle cicorie e indica, nel comune sentire, la varietà a foglia rossa o variegata.
Con caratteristiche fisiche e gustosità differenti.
Quando lo acquistate, quindi, che sia in un mercato contadino, in un supermercato, dal fruttivendolo o al mercato rionale, leggete in etichetta a quale varietà appartiene: forma e sapore risulteranno, infatti, differenti.
Il radicchio di Treviso IGP tardivo, per esempio, si riconosce per le sue foglie lanceolate, avvolgenti, quasi chiuse in se stesse, a margine sinuoso, allungate, con nervatura bianca, di colore rosso intenso che diventa quasi violaceo quando si abbassa la temperatura.
Il radicchio di Treviso IGP precoce, invece, ha foglie allungate ma più ampie, caratterizzate da una nervatura bianca principale che si dirama in piccole nervature.
Il tardivo ha una consistenza molto più croccante del precoce che, invece, ha un sapore più amarognolo.
Il variegato di Castelfranco Veneto IGP, incrocio tra il rosso di Treviso e la scarola, ha un aspetto molto diverso: ha foglie di colore bianco-crema interrotto da striature di tinte diverse, dal viola chiaro al rosso vivo.
Questa tipologia di radicchio, nota anche come “la rosa che si mangia”, va acquistata controllando che i cespi siano bene aperti, esattamente come una rosa.
Il radicchio di Verona IGP si presenta più tondeggiante: le foglie ovali, piegate a cucchiaio, con una caratteristica colorazione rosso scuro brillante, addossandosi l’una all’altra formano un grumolo compatto di forma tondo-ovale.
Rispetto agli altri radicchi, ha un sapore meno amarognolo.
Il radicchio di Chioggia IGP è il più tondeggiante, con foglie grandi che, avvolte le une sulle altre, danno vita ad un grumolo di forma sferica molto compatto.
Il radicchio bianco di Lusia ha foglie tondeggianti, ma di un colore che va dal bianco al verde chiaro brillante, con screziature rossastre; si presenta con germoglio centrale semi serrato e foglie esterne più aperte.
Pur essendo una cicoria, il radicchio è spesso trattato come “insalata”.
Viene consumato tal quale finché mantiene la croccantezza e la gustosità del prodotto fresco, aggiungendo semplicemente dell’olio extra vergine di oliva, qualche goccia di buon aceto, in cui si sarà fatto sciogliere un pizzico di sale, e con un po’ di pepe macinato al momento.
In alternativa, il radicchio viene cucinato ai ferri, con la pancetta affumicata (radicio fumegà come viene definito nel dialetto locale veneto) oppure cotto nel famoso risotto che fa parte del menu tradizionale trevisano.
Per conservare i radicchi è importante tenere sempre le loro foglie ben fresche.
Il tardivo può essere conservato infilandolo per la radice in un vaso alto e stretto pieno d’acqua, proprio come si fa con i bouquet di fiori.
Il valore nutritivo del radicchio si mantiene dopo la raccolta finché permangono turgidità e croccantezza proprie del prodotto fresco che, mediante la refrigerazione in condizioni di elevata umidità, può arrivare a 2 o 3 settimane.
Il radicchio può essere conservato anche sott’olio.
Prima bisogna lavarlo, tagliarlo a spicchi e far bollire con aceto, vino e sale per 5 minuti. Va asciugato su un canovaccio e poi messo in un vaso da conserve.
Quindi, va coperto con olio fino al bordo del vaso, con aggiunta di pepe nero ed una foglia di alloro.
Il radicchio si presta a particolari elaborazioni che ne preservano le caratteristiche uniche di sapore come le confetture, ottime nell’accompagnamento dei formaggi stagionati, perfino quale amaro digestivo.
I radicchi sono un particolare tipo di cicoria, Cichorium intybus L., appartenente alla famiglia delle Asteraceae, sottoposti a coltura forzata al fine di rendere le foglie più tenere, bianche e delicate.
A seguito di un processo denominato “forzatura”, le piante ottengono quella particolare colorazione rosso porpora che ne costituisce il principale appeal.
I radicchi hanno una radice a fittone (una sorta di cono allungato) più o meno ingrossata e una rosetta di foglie alla base, di forma e lunghezza variabili in relazione al tipo di varietà e alle condizioni ambientali.
Attualmente vengono coltivate sei diverse varietà di radicchio, tutte derivate da un progenitore di Treviso.
La pianta del radicchio non nasce di colore rosso.
È il trattamento denominato forzatura che ne determina tale colorazione.
Esso consiste nel trasferire le piante in ambienti privi di luce, in modo da inibire la fotosintesi clorofilliana e far perdere alle foglie le tonalità del verde.
Le piante, in tale fase, vengono poste in apposite vasche in cui l’acqua bagna le radici ma non le foglie.
In Italia, la regione a maggior vocazione è sicuramente il Veneto.
Nei Paesi europei la coltivazione di radicchio si effettua in Germania, Francia Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Spagna e Grecia.
Fuori dall’Europa, sono produttori anche Stati Uniti, Cile, Canada, Messico, Cina e Argentina.
A seconda della varietà che si acquista, i radicchi hanno una differente stagionalità.
Il precoce è disponibile da settembre a novembre mentre il tardivo da novembre fino alla primavera.
Acquistarlo in momenti diversi dell’anno significa, generalmente, scegliere un radicchio prodotto in serra e non in pieno campo.
I radicchi, come tutte le insalate, sono ricche di acqua (fino al 95%) e apportano poche calorie.
Tra i nutrienti energetici risultano qualitativamente importanti le proteine, di elevato valore biologico (nonostante la matrice vegetale), e i grassi per il loro contenuto in acidi grassi essenziali della serie omega-6 (acido linoleico e linolenico).
Molto interessante è inoltre il contenuto in micronutrienti: vitamine idrosolubili (B1, B2, C, folati) e caroteni (precursori della vitamina A), sali minerali (calcio, fosforo, ferro, magnesio), fibra (in prevalenza quella insolubile) e molecole bioattive (clorofilla, polifenoli, fitosteroli, ecc.) che, oltre a esercitare attività protettive, conferiscono a questi cibi particolare sapore e colore rendendoli gustosi e appetibili.
La peculiarità dei radicchi rossi consiste sia nel buon contenuto in fibra solubile (specie della radice) sia nelle sostanze che conferiscono il colore rosso: le antocianine.
Queste molecole, oltre a rendere questo alimento ben accetto alla vista e al palato, gli consentono di definirsi “funzionale”, cioè non solo nutriente, ma anche protettivo e quindi utile al mantenimento dello stato di salute.
Le antocianine esercitano una funzione protettiva all’interno del nostro organismo nei confronti dei radicali e degli agenti ossidanti, che sono all’origine dell’invecchiamento cellulare.
Tali molecole, essendo capaci di esercitare un’azione antiproliferativa, antiaggregante, antinfiammatoria e antibiotica, rendono i radicchi un alimento molto importante nella prevenzione primaria di diffuse patologie come il cancro e le malattie cardiovascolari su base aterosclerotica.
Il caratteristico sapore amarognolo del radicchio rosso e delle cicorie è da imputare alla presenza di una particolare classe di composti: i guaianolidi.
Queste molecole sono dotate di svariate proprietà, tra le quali spiccano l’attività antinfiammatoria, vasoprotettiva e l’azione coleretica, i cui effetti depurativi ed epatoprotettivi possono rivelarsi utili per contrastare gli effetti di diete ricche di grassi, in stati di lieve ipercolesterolemia o, semplicemente, per facilitare la digestione.
Per quanto riguarda la fibra, i radicchi rossi ne contengono una quantità decisamente maggiore rispetto alle altre insalate e con una buona percentuale di quella solubile (inulina, specie nella radice), che è particolarmente indicata sia per la sua azione ipoglicemizzante, rallentando l’assorbimento del glucosio, sia come equilibratore della flora intestinale, essendo un ottimo substrato “prebiotico” nei confronti dei bifidobatteri.
Per maggiori approfondimenti, consulta la tabella di composizione degli alimenti di CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) per la popolazione italiana – IV Revisione (ex INRAN)
Le piante delle diverse tipologie di Cichorium intybus L. sembrano provenire dall’Asia sudoccidentale.
Tra le piante coltivate, le cicorie sono forse quelle che hanno maggiormente beneficiato del miglioramento apportato da incroci naturali, selezioni e tecniche colturali messe in atto da generazioni di agricoltori.
La coltivazione del radicchio di Treviso probabilmente ebbe inizio nel XVI secolo, a Dosson, frazione del comune di Casier (TV).
Successivamente, intorno al Settecento, fu costituito il variegato di Castelfranco, mediante incroci con scarola.
Si pensa che l’agronomo belga Francesco Van den Borre abbia contribuito a mettere a punto la tecnica della forzatura, nel 1860, sottoponendo una cicoria da fiore trovata nel parco di Villa Albrizzi di Preganziol al procedimento già parzialmente usato nei Paesi Bassi.
Un altro benemerito è l’agronomo Giuseppe Benzi, che si adoperò per l’istituzione della prima mostra del radicchio di Treviso, avvenuta il 20 dicembre 1900 e tuttora in vigore.
Nel 1930 fu ottenuto per selezione il variegato di Chioggia, nel 1940 il bianco di Lusia, con foglie tutte dal colore di fondo giallo-crema (quelle interne mostrano leggere screziature violacee, quelle esterne ne sono quasi prive), e nel 1965-70 il rosso di Treviso precoce.
Per ultimo, alla fine degli anni ’80, è stato ottenuto il bianco di Chioggia.
La radice, oltre a essere utilizzata per la produzione delle cicorie e dei radicchi forzati, veniva anche arrostita, macinata e impiegata come surrogato del caffè, sia perché possedeva un gusto gradevole, sia perché era priva di caffeina. Tale uso era ampiamente diffuso durante la Seconda Guerra Mondiale, quando era impossibile l’importazione del caffè.